Pochi giorni fa, Mountain Wilderness Abruzzo ha chiesto all’Ente Parco nazionale del Gran Sasso e della Laga di opporsi alla costruzione della centrale a biomasse a Corazzano, a 300 m circa dal perimetro dell’area protetta, approvata dal Consiglio comunale di Castelli. La struttura rappresenterebbe una minaccia alla sopravvivenza dei camosci che abitano stabilmente da ventun anni sull’impervia bastionata Monte Coppe – Monte Tremoggia – cresta nord del Dente del Lupo.
L’assordante rumore prodotto dalla centrale notte e giorno per vent’anni – spiega l’associazione ambientalista – vanificherebbe l’operazione di reintroduzione del camoscio d’Abruzzo sul versante medio-orientale del Gran Sasso d’Italia, avviata con successo il 29 luglio 1992, un secolo dopo l’uccisione dell’ultimo esemplare sul vicino Monte San Vito. Un’operazione ottimamente riuscita sotto il profilo scientifico, appoggiata fin dall’inizio dal Club Alpino Italiano, dal WWF, dal Comitato Nazionale Parchi e da Mountain Wilderness, fatta propria successivamente dall’Ente Parco che sul logo ha voluto fissare l’immagine del “camoscio più bello del mondo”. Il camoscio d’Abruzzo è rigorosamente protetto da norme nazionali ed europee e il sindaco di Castelli, nella veste di autorità ambientale e sanitaria locale, ha il compito istituzionale di tutelare la salute delle persone e degli animali. Lo stress causato da rumore, oltre a creare problemi sanitari e psicologici alle persone e ai camosci, rappresenterebbe la perdita della qualità dell’ambiente naturale, dell’aria e della quiete, valori che, una volta perduti, non si possono riconquistare. La mitica parete nord del Monte Camicia non deve diventare il muro assorbente del rumore di una centrale che potrebbe anche divorare le foreste basali della grande montagna appenninica.