di Alfio Bessone – Finalmente un po’ di sole, ché di neve ne è venuta tanta. Da noi, sopra ai 1000-1500 metri, ce n’è parecchia. Ma molta di più ne è caduta in altre zone del Piemonte (io vivo in provincia di Torino), in Veneto, in Trentino, in Alto Adige e in Friuli. E anche in Lombardia. Ho sentito amici e guardato con attenzione il Web. Pare che in certe zone, ovviamente a quote elevate, se ne siano accumulati anche 6 metri. Non so se si tratti di un’esagerazione, come quando ti dicono: -30C° in Veneto o in Trentino, e poi scopri che la temperatura si riferiva alla sommità della Marmolada. Comunque, al telefono, ho sentito parlare da quelle parti di più di tre metri oltre quota 1500 e di un metro in fondovalle, intorno a quota 1000. Che è un bel po’.
Al solito, chi scrive i commenti (ovviamente in maniche di camicia, al caldo dei termosifoni) sui giornali, per la radio e la tivù ci ha dato dentro alla grande, tra le solite “temperature record”, il “freddo polare”, il “ghiaccio artico” e altre fesserie del genere. Che dire? Che con tanta neve così la vita deve rallentare per forza, e che anche solo per fare provvista bisogna sopportare qualche disagio. Ma bisogna dire che è sempre stato così. Se non siamo più abituati è perché abbiamo infilato una serie di anni con pochissima neve, a parte qualche eccezione tipo il 2008-2009. Ma quando eravamo ragazzini era normale sentire alla radio che c’erano borghi bloccati dalle nevicate, passi alpini chiusi e pericolo di valanghe anche sulle strade. Di solito le nevicate più abbondanti cadevano sulle grandi valli del Cuneese, dove il blocco della viabilità era quasi una norma. Temo che oggi la gente, che in fatto di stagioni ha un’incredibile memoria corta, abbia smarrito del tutto il ricordo di un passato che è ancora dietro l’angolo. E non sappia nemmeno più come si faceva a tirarsi fuori dagli impicci. Perché anche le borgate più alte e più sfavorite come posizione non cadevano in letargo, e la gente non si seppelliva affatto in casa. Ricordo benissimo (e io ho 56 anni, non 120) che in montagna ci si organizzava in squadre e si passava il tempo a spalare. La vita continuava anche negli inverni peggiori, e così anche i lavori. E dire che le strade di quel tempo non assomigliavano per niente a quelle di oggi. Erano poche e di asfalto non ce n’era granché. E lo spartineve si attaccava al trattore o ai muli. Insomma, per dire: si faticava, ma non era la fine del mondo. Certo che se non ti rendi conto di cos’è la neve e vuoi fare la vita di sempre, allora il discorso è un altro. Invece bisogna essere realisti e adattarsi. E anche fare attenzione quando con gli sci o le ciaspole si prende su in salita senza guardare cosa c’è sopra la propria testa o quali equilibri si vanno a sovvertire. Se le valanghe, quando c’è tanta neve, cadono da sole, figuriamoci cosa capita quando le si va a sollecitare con la testa tra le nuvole. Perciò, attenzione. Molta attenzione.