Le Pale segrete

di Linda Cottino – Quasi quasi è più bello arrivarci di notte, alle Pale di San Martino, lungo la strada del Passo Rolle che attraversa il fitto bosco di Paneveggio. State pur certi che l’indomani, se vi fermate a dormire a San Martino di Castrozza, la bastionata di torri dolomitiche che vi appare dinanzi vi toglierà il respiro per la bellezza. E indugerete con lo sguardo a percorrere il filo delle creste, a identificare i piani sovrapposti, a immaginare che cosa possa esserci al di là.

Erano anni che non ci tornavo; ma l’impronta selvaggia me la ricordavo bene: su per le cime più conosciute, lungo grandiose vie di scalata senza protezioni e con i temporali sempre in agguato. Sull’altopiano, però, nel cuore del gruppo, non mi ero mai addentrata.

L’occasione è arrivata in questi giorni di settembre, ed è stato come varcare la soglia di un mondo a sé, il mio personale ammaraggio su un pianeta sconosciuto. L’inglese Leslie Stephen, che nel 1869 fu tra i primi a esplorare la zona come alpinista, definì l’altopiano «il più selvaggio e sterile dei deserti», e non contento rincarò la dose: «Di tutti i luoghi che avevo visto, davvero quello era l’ultimo in cui avrei voluto esser colto da una tormenta».

La stabilità meteorologica settembrina è, in effetti, la condizione ideale per chi voglia addentrarcisi una prima volta. Le luci sono nitide, e ogni forma sembra come scolpita in blocchi di dolomia, le valli attorno eccezionalmente scavate; mentre il grigio chiaro della pietra contribuisce ad allungare le prospettive e ad alterare le distanze. Chi lo percorre lo sa che l’altopiano finisce là dove comincia il verde della valle o dove rimane un residuo di ghiacciaio oppure là dove il sentiero s’inerpica verso una forcella. Ma per collocare con precisione quel “là” ci vuole l’occhio esperto di chi conosce queste strade da un tempo lungo, che non di rado cresce attraverso le generazioni.

Dino Buzzati, che di atmosfere rarefatte sapeva raccontare, aveva definito le Pale come il «paese dei contrasti e delle condizioni di spirito». Non si riferiva al solo altopiano, s’intende; ma questo, in particolare, si dice lo abbia ispirato nella collocazione della Fortezza Bastiani.

Persino la grande guerra, che in questa parte delle Alpi ha lasciato tracce indelebili, qui pare essere passata di soppiatto. Certo, il sentiero per Garès è a tratti una vera e propria carrozzabile su cui si fecero salire gli obici, ma l’altopiano rimase perlopiù luogo di osservazione da cui i militari scrutavano le pieghe dei Lagorai, dove invece si scatenò l’inferno. Anche nella seconda guerra mondiale non vi furono grandi accadimenti – salvo un’imboscata partigiana avvenuta proprio nei pressi del rifugio Pedrotti al Rosetta, in seguito alla quale i tedeschi lanciarono una delle loro feroci rappresaglie sui civili. Per il resto, San Martino viveva la vita quieta del luogo di cura per soldati feriti.

Oggi ancora, nonostante le concitazioni del turismo che converge sulle Dolomiti, questi luoghi conservano un loro non so che di appartato, di non addomesticabile. Non più, certo, quella lontananza dal mondo che tanto affascinò i primi visitatori inglesi, ma pur sempre un tratto ruvido e indomito che ci consente di apprezzare una montagna tutt’altro che artefatta.

2 comments
  1. Concordo con l’impressione di selvaggio, di “non addomesticato”, ben espresso nell’articolo di Linda Cottino. Nessuna altra parte delle Dolomiti suscita queste impressioni. Forse è per questo che da 25 anni vengo ogni anno per un soggiorno sulle Pale!

  2. Un luogo straordinario, dalle caratteristiche estetiche uniche. L’altipiano delle Pale “crea” paesaggi mutevoli, sempre diversi, soprattutto nelle giornate nelle quali le nuvole si alternano al cielo azzurro.

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