
di Anna Balbiano* – In montagna, ogni anno le foreste tornano verdi e, nei mesi più tiepidi, si distendono al sole per scaldarsi. I larici «sono lì nei secoli a sfidare i fulmini e le bufere, sono contorti, i rami spezzati ma sempre, a ogni primavera, quando il merlo dal collare ritorna a nidificare tra i mughi, si rivestono di luce verde e all’autunno illuminano d’oro le pareti», canta Mario Rigoni Stern in Arboreto Selvatico. Gli anziani sostengono che all’alba i rami si accendano di un bagliore accecante quanto quello del sole. E alle quote più alte, fin oltre i 2000 metri dei rilievi valsusini, i boschi attorno alla conca del rifugio Levi Molinari assistono a un incontro insolito, dove il legno vivo delle piante risuona accanto al legno antico del violoncello di Manuel Zigante, che da anni porta la sua musica tra gli alberi. Si tratta sempre di pezzi brevi, soprattutto suite di Bach, che il musicista lega in qualche modo alla montagna, allo scorrere delle acque che risuonano vicino a un grande tronco, lungo un sentiero, o accanto a un ruscello. Queste “passeggiate musicali” sono diventate un appuntamento che si ripete, e aiutano piccoli e grandi a entrare nell’anima del bosco, ascoltando i suoni della natura e dello strumento echeggiare gli uni negli altri.
«Un violoncellista può suonare le suite di Bach in qualsiasi momento e in molte circostanze; si tratta di un repertorio che lo accompagna nella quotidianità e per tutta la sua vita, ed è testimone della sua crescita ed evoluzione artistica ed umana», spiega Manuel. «Quando sono in montagna sto bene: sono nell’ambiente che amo di più. Posso suonare Bach in cima al Monviso, o ai piedi di un vecchio larice che ha visto la storia, facendone vibrare il legno, e riempiendolo di armonici. Posso suonare accompagnato dallo stillicidio di una cascatella, o in una conca rocciosa, ascoltando la musica vagare tra le quinte della vallata sottostante, meraviglioso auditorium naturale».
Manuel suona un violoncello antico, che risale all’inizio del XIX secolo, e sostiene che portarlo in questi luoghi lo faccia ogni volta rivivere, condividendone la bellezza: «Non sarà certo una goccia di pioggia o l’atmosfera troppo secca a rovinarlo. Anzi: il violoncello è vivo, ed entra in vibrazione con i luoghi e gli elementi che lo circondano. Come l’acustica profonda della ghiacciaia dell’ecomuseo Colombano Romean, oppure i rumori antichi e carichi di suggestione che nascono dai movimenti dei macchinari del vecchio mulino che si trova sul fondovalle, a Salbertrand. Parto da Bach per scoprire ogni volta che il violoncello sa parlare da solo: è quello il momento di trovare spunti nella natura, di inserire nuove storie, nuovi brani che giungono dagli antichissimi temi musicali della tradizione catalana, occitana, armena». Si cammina quindi tra gli alberi, oltre i valichi, sulle rocce e le creste, accanto alle pareti rocciose o vicino ad antichi edifici restaurati. Manuel sceglie un luogo e si ferma un’altra volta a suonare, mentre le tonalità cromatiche di rami e cortecce si rispecchiamo nei riflessi che illuminano la tavola armonica del violoncello. La vita nascosta del bosco si rispecchia nelle note calde e piene dello strumento, e regala un’esperienza indimenticabile.
Anna Balbiano, nata a Torino nel 1963, giornalista, da sempre scrive, traduce e fotografa la montagna, l’escursionismo, l’ambiente naturale.