
(red.) – Dal “Bollettino del Club Alpino Italiano”, anno 1899. In un articolo dal titolo «Gli “Ski” Norvegesi», l’ingegner Adolfo Hess, alpinista, pioniere dello sci in Italia e primo direttore del Museo nazionale della montagna, riflette sul futuro del «pattino norvegese» nelle valli alpine e sui vantaggi che, dal nuovo mezzo di spostamento, potrebbero trarne i montanari. Seguiamolo in qualche passaggio del suo testo. «In molte regioni dell’Europa centrale, specialmente in quelle montuose», assicura l’autore dell’articolo, «gli ski sarebbero di grande utilità nei mesi d’inverno, quando la neve, che vi cade abbondantemente, mette sovente in pericolo l’esistenza delle popolazioni, troncando talvolta interamente ogni comunicazione fra i vari paesi». E cita vari esempi, tra cui quello del villaggio di Leopoldsreut, in Baviera, dove qualche anno prima «la neve cadde così alta, che di molte case non usciva fuori altro che il camino; si doveva tenere acceso il lume notte e giorno, e s’entrava in casa per buchi scavati nella neve, come le tane delle volpi. Il trasporto di derrate alimentari dal vicino villaggio di Grainet non era possibile che colle più grandi difficoltà». E ancora: «Nella Foresta Nera accade quasi ogni inverno che non si possono dalle case più elevate condurre a valle i morti, nel cimitero del villaggio; allora vengono messi nella neve, e, conservati dal gelo, vengono poi trasportati quando sono nuovamente rese possibili le comunicazioni». Il rimedio a tanti disagi? Hess non ha dubbi: lo sci. Anzi: lo ski, come si diceva allora (ricordando tuttavia che peraltro il vocabolo scandinavo ski si pronuncia sci, come tutti oggi diciamo). Ma il problema, a detta dell’ingegnere torinese, sembrava essere la mentalità dei valligiani. «Certamente non è cosa facile vincere le loro tendenze conservatrici e lo spirito di diffidenza; solo quando vedranno coi loro occhi l’enorme vantaggio che hanno gli ski sopra ogni altro sistema di racchette o di assicelle, pur talvolta usate dai montanari, potranno decidersi ad impararne l’uso, come successe ad alcune popolazioni della Foresta Nera, che risero da principio quando videro i pattinatori (leggi: sciatori, ndr.), e poi adottarono i pattini. (…) Sarà una bella soddisfazione quella di veder fiorire questo sport sulle nostre Alpi, e di trovare, durante le nostre gite sui monti, dei giovani forti e volenterosi dediti al pattinaggio. Avremmo reso allora un segnalato servigio alle popolazioni montanine (…). Parole profetiche. Peccato che Adolfo Hess avesse previsto solo una parte di ciò che in seguito è avvenuto, e cioè la diffusione dello sci. Non avrebbe mai supposto, a fine ’800, che le grandi precipitazioni nevose dei suoi tempi sarebbero via via diventate più scarse, fino a sparire del tutto in certe annate di siccità. Tanto che oggi, per i patiti del «pattino norvegese», mala tempora currunt.