L’ometto di pietre. Come definirlo altrimenti? Si tratta, come ben sanno alpinisti ed escursionisti, di una serie di pietre impilate una sull’altra, che funge da segnavia. Capita di incontrarlo nei tratti in cui il sentiero tende a smarrirsi, sulle morene, lungo le vie normali di salita a cime o a colli, dove tratti di facili rocce si alternano a terra e ghiaia, o a fianco dei percorsi di avvicinamento alle pareti. Oltre Manica lo chiamano cairn, e pare che il vocabolo sia addirittura di origine celtica. Ad ogni modo, i cairn li si ritrova lungo i sentieri di tutte le montagne del globo, perché rappresentano il modo più semplice per segnalare la direzione da seguire. Già, ma che c’entrano gli ometti con i mucchi di pietra? Facile da spiegare. Visti in lontananza, i cumuli sembrano sagome umane, piccoli uomini.
Domenica 9 dicembre, presso la Sala dell’alpinismo di Valpelline, in Valle d’Aosta, verrà dedicato al cairn un monumento. Non solo: martedì 11 dicembre, nella stessa location, si terrà un convegno dal titolo: “Cairn: l’ometto delle montagne”. A discutere di quello che da tempo immemorabile è diventato un elemento tipico dell’estetica dell’alta montagna, interverranno esperti italiani, francesi, svizzeri, austriaci. Tra i relatori italiani figurano l’antropologo Annibale Salsa, il geografo-esploratore Franco Michieli, il segretario generale della Convenzione delle Alpi Marco Onida e il giornalista Enrico Martinet.