Il 22 giugno scorso, durante la 38a sessione del comitato Unesco a Doha, le Langhe sono state ufficialmente incluse nella lista dei beni Unesco World Heritage, assieme a Roero e Monferrato. Così, un po’ per gioco e un po’ per curiosità, un paio di giorni fa siamo saliti in Langa. Abbiamo fatto un giro tra i vigneti ben pettinati tra Alba, Barbaresco e Barolo. Poi abbiamo puntato più in alto, verso i crinali dell’alta Langa, sotto un cielo carico di nuvoloni, con squarci di sole estivo. Dolci colline in basso e un paesaggio “prealpino” più in alto, dove i filari di viti cedono il posto ai noccioleti, ai boschi e ai prati. Le montagne vere sono molto più in là, sullo sfondo, e nelle belle giornate il colpo d’occhio su una bella fetta dell’arco alpino occidentale è impagabile. Ma queste terre di mezzo hanno un fascino che le apparenta molto alle valli che dalla pianura cuneese salgono verso la dorsale delle Alpi. E nelle mezze stagioni sono un posto delizioso per camminare. Per lo più nei fine settimana, ma volendo anche per più giorni, perché qwua e là sono stati tracciati e segnalati anelli per il trekking e anche percorsi di lunga percorrenza.
Noi abbiamo incontrato temperature gradevoli, tanto verde, giochi di luce, vigne al massimo del loro rigoglio, con i grappoli già ben conformati anche se ovviamente verdi. E ci siamo anche fermati a parlare con la gente. Volevamo capire come viene vissuta dai locali la vicenda Unesco. E abbiamo trovato le risposte che in fondo attendevamo di trovare. Entusiasmo da parte degli operatori turistici, vivo interesse nelle cittadine ai piedi delle colline, curiosità e interesse soprattutto da parte dei giovani, ma anche qualche perplessità da parte di chi teme che il riconoscimento si trasformi in un vincolo troppo forte per le attività economiche. Che dire? Fossimo altrove, si sarebbe registrata un’ondata collettiva e frenetica di iperattività, una risposta pronta e vivace, positiva e persino aggressiva. Invece ci siamo trovati di fronte alla realtà di sempre. Mettiamoci pure il solito understatement del vecchio Piemonte, la proverbiale prudenza dei bugia nen e anche una dose di sano scetticismo, che dalle nostre parti ci possono pure stare e sono nell’ordine delle cose. Ma in fondo ci aspettavamo di più. Forse è ancora presto per dirlo, però è anche vero che le belle giornate si vedono fin dal mattino. Ci rendiamo conto di cosa potrebbero diventare le Langhe nel campo del turismo, della cultura, dell’enogastronomia, dell’immaginario diffuso? E allora proviamo a ingranare la marcia giusta, ragazzi, che il tempo delle lamentele è finito, e l’opportunità è arrivata davvero. È ora di partire. Letteralmente. Anche a piedi. Ma con lo zaino in spalle e la voglia di perdersi in uno dei paesaggi più straordinari del Bel Paese.