di Patrizia Broggi – Laguna Honda, Hedionda, Colorada, Celeste, Negra… Una magnifica sequenza di specchi d’acqua adagiati tra montagne desertiche dalle mille sfumature, tavolozze di pittori che lassù forse hanno trovato il loro luogo dell’anima… Quattromila metri di quota boliviana – cento metri più, cento metri meno. Una natura superba e soggetta al capriccio del vento che muovendo le acque rimescola alghe e minerali di questa o di quell’altra laguna, che possono così mostrarsi del colore da cui prendono il nome, oppure restare ferme come fossero semplici contenitori d’acqua. La Laguna Verde… Arriviamo sulle sue sponde, e il vento non c’è. Niente verde, solo uno specchio grande e perfetto in cui si riflette il re del reame, il Licancabur, un vulcano come ancora disegnerei un vulcano se lo dovessi disegnare: un cono proteso verso il cielo, col suo cappellino di neve a proteggerlo dal freddo invernale. Tutto è immobile, immoto, si sente solo il lontano richiamo di un rapace… Silenzio… Il vento continua a dormire…
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