a cura di Salvo Gianì – L’usura in laboratorio e in ambiente (montagna e/o falesia)
È possibile prevedere il decadimento di una corda? Quali garanzie offre una corda dopo un certo periodo d’uso? Non è affatto facile dare una risposta semplice e definitiva alle due domande. Ogni corda ha un impiego e un conseguente trattamento del tutto differente: alcune sono usate in falesia (e sottoposte a pochi o moltissimi voli), altre sono impiegate in montagna su rocce e terreni diversi fra loro (granito, calcare, ghiaccio, misto, ecc.); inoltre, nelle discese a corda doppia o nell’assicurazione in moulinette, la velocità di calata (lenta o velocissima) è molto soggettiva. Sappiamo ormai che l’effetto combinato dello sfregamento sulla roccia, delle sollecitazioni meccaniche (moschettoni e freni),

della polvere e dei microcristalli che penetrano nella camicia è il principale fattore d’usura delle corde. Contano i metri di arrampicata, non il tempo d’impiego. Un interessante contributo per la conoscenza e la comprensione dei complessi meccanismi che determinano il decadimento di prestazioni della corda è stato offerto da alcune ricerche svolte sia dalla Commissione Materiali e Tecniche sia da altri ricercatori. Gli studi non sono stati in grado però di fornire informazioni sufficienti per una valutazione del decadimento in termini quantitativi. L’unico elemento informativo valido è attualmente fornito da ricerche sul campo svolte negli anni ’90 da uno dei maggiori esperti del settore: Pit Schubert. Nei suoi lavori, l’alpinista tedesco ha quantificato il decadimento della resistenza dinamica della corda in funzione dei metri di arrampicata in falesia e/o montagna. In una prima ricerca è stata determinata la resistenza meccanica convenzionale della corda (ottenuta mediante una prova a rottura su spigolo) in funzione dell’uso (espresso in metri di arrampicata) per diverse condizioni e modo di utilizzo (arrampicata, corda doppia, entrambe) e dell’ambiente (calcare e granito). I risultati hanno evidenziato come l’effetto dello stress realmente subìto dalla corda è preponderante per il decadimento delle sue caratteristiche meccaniche sia che esso derivi dall’uso come corda doppia, sia in arrampicata (sfregamento su parete e su moschettoni). Un’ulteriore considerazione che si può trarre dall’analisi di questa prima serie di prove è che, nell’elaborazione dei dati, si ottengono curve di decadimento diverse secondo l’ambiente in cui la corda è stata prevalentemente usata: molto maggiore è l’effetto originato in ambiente granitico rispetto a quello calcareo. Nella seconda ricerca, il decadimento della resistenza dinamica della corda è stato quantificato elaborandolo sulla base dei rilievi eseguiti su una trentina di corde, testate prima e dopo essere state utilizzate da altrettanti arrampicatori in varie condizioni. È interessante osservare che queste prove sono state effettuate al Dodero utilizzando sia il rinvio classico sia rinvii a spigolo di vari raggi di curvatura, ottenendo riduzioni relative di resistenza in pratica indipendenti dal tipo di spigolo usato. L’esame del grafico consente di prevedere che dopo 5000 metri di arrampicata (equivalenti all’incirca, secondo un criterio sia pure arbitrario, ad un anno d’uso medio), la resistenza dinamica si dimezza. Dopo 11.000 metri di arrampicata (un anno di uso intenso) la resistenza residua scende invece al 30%. Un decadimento, dunque, notevole e forse inaspettato ma in ogni caso abbastanza in linea con i risultati dei test di invecchiamento simulato già citati.
Dell’argomento si sta attualmente occupando la Commissione Materiali e Tecniche del Cai con uno studio organico a largo respiro i cui risultati, si spera, saranno disponibili a breve. La ricerca si svolge parallelamente su due aree di lavoro: usura meccanica e sul terreno. Per la prima è stata appositamente costruita una macchina che consente di usurare meccanicamente – mediante il passaggio in un freno – le corde in maniera automatica e ripetibile; l’attrezzatura permette inoltre di “sporcare” le corde tramite il passaggio su polverino di calcare o granito selezionato (granulometria controllata all’origine). La seconda area di lavoro, simile allo studio di Schubert, si basa sui risultati dei test effettuati su corde di vari produttori e di diverso tipo (semplici, coppie di mezze corde o gemellari) usate da arrampicatori qualificati. Ancora lontani della conclusione della sperimentazione, in quest’ambito – a puro titolo informativo e in modo certamente non esaustivo – possiamo fornire i risultati sia pur parziali finora ottenuti; risultati che si riferiscono sia ad usura artificiale (ossia di tipo meccanico in laboratorio) sia a usura naturale sul campo. Nel secondo caso si tratta di utilizzo da parte di alcuni alpinisti, componenti della CMT, sia in falesia (fino a 20-30.000 metri di arrampicata!) sia su altri tipi di terreno.
I risultati delle prove dinamiche, effettuate al Dodero secondo le modalità prescritte dalle norme Uiaa, dimostrano che corde nuove e corde usate trattengono il volo facendo registrare, all’incirca, lo stesso valore di forza d’arresto alla prima caduta. Ciò significa che l’effetto dell’usura non si fa sentire (almeno apparentemente) al momento della prima caduta, ma i danni che si determinano sulla corda in questa fase sono tali da comprometterne le successive prestazioni, rendendola più vulnerabile e quindi di più facile rottura. È inoltre interessante osservare come i risultati ottenuti – in particolare quelli relativi alla correlazione tra decadimento di prestazioni e grado di usura – siano in ottimo accordo con la curva di Pit Schubert, per usura sia naturale sia artificiale. Ciò è molto confortante perché confermerebbe la validità della procedura adottata dalla CMT per l’esecuzione dei test di usura meccanica.
In conclusione ricordiamo che i dati presentati si riferiscono al numero di cadute sopportate al Dodero, cioè ad un test eseguito con corda bloccata. Nella pratica, invece, per effetto delle tecniche di assicurazione dinamica che sono normalmente adottate nell’attività alpinistica (scorrimento della corda in un freno: mezzo-barcaiolo, Otto, Tuber, ecc.), le caratteristiche della corda perdono rilevanza e il rischio di rottura in caso di volo risulta pertanto notevolmente ridotto. Il test al Dodero è comunque estremamente importante sia per una valutazione delle prestazioni della corda, sia perché esso riproduce condizioni critiche che possono pur sempre verificarsi anche in assicurazione dinamica (ad. es.: corda bloccata per mal funzionamento del freno, incastro in una fessura, ecc.). La sperimentazione, comunque, continua.