di Marinella Fiume – Dei Siciliani si dice che sono teatranti, commedianti, “tragidiùsi”, pare sia una caratteristica antropologica che li condanna a sentirsi sempre su un palcoscenico, a rappresentare la propria vita, piuttosto che a viverla… E forse un po’ è vero se questa caratteristica costituisce anche la linfa più autentica di tanta “letteratura dei siciliani” che grandi scrittori come Vitaliano Brancati, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Leonardo Sciascia, Lucio Piccolo, Gesualdo Bufalino hanno reso nelle loro opere immortali come caratteristica della “sicilianità” tout court. Gli è che i Siciliani sono sempre su un palcoscenico dominato dalla loro “Grande madre”, “u Muncibeddu”, anzi, rigorosamente al femminile, “a Muntagna” per antonomasia, nel quale rappresentano una parte per lo più eroica, partecipi di un mito di distruzione e morte, con cui hanno imparato nei secoli a convivere e che, anzi, titanicamente, esaltano perché rende titani e grandiosi loro stessi.

Come i fondali di un palcoscenico che gli operatori cambiano in continuazione, l’Etna si erge sempre sulle loro teste assumendo caratteristiche sempre diverse a seconda dell’ora del giorno e della notte, del silenzioso sotterraneo lavorìo o dell’exploit violento e spettacolare. Anche nei loro modi di dire il vulcano è antropomorfizzato, come nelle mitiche religioni primitive e, se se ne sentono i boati, “a Muntagna è ‘ncazzata!”, se manda sbuffate di fumo; “a Muntagna fumìa”, se emette nera sabbia con cui ricopre come una fitta coltre nera paesi e città; “a Muntagna sputàu”, se riprende l’attività eruttiva; “a Muntagna s’arrusbigghiàu!”, se la terra trema; “a Muntagna si sta stirannu”… I mutamenti d’umore della Signora Madre sono repentini e variabilissimi nel corso di una stessa giornata; con rispetto e un po’ guardinghi, ma sempre con incosciente fiducia, i suoi figli-amanti, malgrado ne abbiano sperimentato nei secoli i tradimenti, perennemente affetti da un inguaribile Edipo, la sbirciano più volte durante la giornata, la guardano innamorati dalla finestra delle loro case, la corteggiano, ne spiano le movenze, ne immortalano, di giorno e nottetempo, l’aspetto. Le foto a corredo di questo articolo, di Alex Lo Piccolo e di Alfio Landro, fotografi amatoriali di Fiumefreddo di Sicilia (Catania), mostrano la mutevole spettacolarità dello scenario, dalla notte all’alba, nel corso dell’eruzione del 19 febbraio scorso.
Intanto l’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania riferisce che non accadeva dal 1° giugno del 2000 che l’Etna producesse due parossismi nel giro di 24 ore. L’attività della notte tra il 19 e il 20 febbraio ha provocato una nuova frattura sullo stesso cratere di Sud est, nella parte bassa occidentale del cono, dalla quale è fuoriuscita una colata lavica. Il vulcano ha emesso anche piccoli lahars, un misto di materiale piroclastico e acqua.
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Che meraviglia di pezzo! Bello quanto a Muntagna di cui parla!