di Victor Serge – Siamo molto preoccupati per il riscaldamento globale, e non abbiamo tutti i torti. Siamo in troppi, e il nostro modo aggressivo di produrre non guarda in faccia né gli uomini né le cose. Figuriamoci l’ambiente, dove i danni si percepiscono in genere nel medio e nel lungo periodo, un lasso di tempo che la maggior parte degli uomini non è neppure in grado di concepire. Si spiegano così i ripetuti fallimenti dei vertici internazionali che cercano di introdurre qualche correttivo a una situazione destinata ad aggravarsi.
Dall’IPCC, una organizzazione intergovernativa che dal 1988 raccoglie tutti i dati disponibili sul cambiamento climatico con lo scopo di fornirne una valutazione oggettiva, è arrivata una “ragionevole certezza” sul fatto che la terra si stia riscaldando, e che questo riscaldamento sia in gran parte provocato dall’uomo. Ma il Nobel assegnato all’IPCC nel 2007 non è bastato a convincere tutti della serietà del lavoro svolto. Due anni dopo alcuni consulenti dell’organizzazione sono stati attaccati per aver nascosto e manipolato alcuni dati non in linea con l’opinione della maggioranza. Si parlò addirittura di “Climagate”, anche se in seguito le accuse furono ridimensionate. E la discussione continua oggi, con una interessante novità. Tra i due fronti contrapposti si sta facendo strada una “terza via”, con studiosi che non negano il riscaldamento globale, ma sono meno catastrofisti di alcuni loro colleghi. Tra questi c’è lo storico tedesco Wolfgang Behringer, che ha appena pubblicato anche in Italia, con Bollati Boringhieri, una interessante “Storia culturale del clima. Dall’Era glaciale al Riscaldamento globale”. Behringer ripercorre la storia climatica della Terra con una particolare attenzione ai nessi esistenti tra le variazioni della temperatura e le forme di vita, e dedica naturalmente una particolare attenzione all’uomo, che attraversò periodi molto favorevoli, come l’optimum climatico dell’era romana, e periodi disastrosi come l’alto medioevo e la piccola era glaciale nel XVI secolo.
Gli ultimi capitoli sono i più vivaci e controversi. Almeno per me, scoprire che di riscaldamento globale e dei gas serra si era cominciato a parlare già alla fine dell’ottocento, è stato piuttosto sorprendente. Ma anche più sorprendente è stata la scoperta che negli anni sessanta del ventesimo secolo, quando già era stata dimostrato che l’anidride carbonica si stava accumulando in atmosfera, la preoccupazione prevalente tra i climatologi non era il riscaldamento globale, ma il suo esatto contrario, il “Global Cooling” o raffreddamento globale. Dal 1940, contrariamente a tutte le aspettative, le temperature non avevano mai cessato di diminuire, e nel 1972 un gruppo di autorevoli studiosi sostenne che era in arrivo una nuova glaciazione. Altri si spinsero a cercare le cause antropiche del fenomeno: lo avrebbe provocato proprio il crescente inquinamento, filtrando la luce solare. E non mancarono le proposte pratiche per combatterlo, dal progetto di una diga sullo stretto di Bering, che avrebbe dovuto regolare il clima mondiale, all’idea di aumentare artificialmente le emissioni di anidride carbonica in atmosfera, per provocare un “benefico” effetto serra.
Alla fine degli anni settanta nuove rilevazioni fecero cadere nel dimenticatoio il raffreddamento globale. Ma, secondo Behringer, la storia dimostra quanto sia difficile, ancora oggi, qualsiasi previsione sul clima. I risultati dipendono dalle aspettative e dagli schemi di chi compie la previsione, nonché dalle variabili e dai dati che vengono inseriti nel processo di calcolo. Questo non significa però che il riscaldamento globale sia una bufala. Tutti i possibili scenari del XXI secolo disegnati dall’IPCC nel suo ultimo rapporto prevedono innalzamenti della temperatura che influenzeranno in maniera profonda le nostre condizioni di vita, e il mutamento climatico resta la sfida più importante della nostra generazione. Behringer sostiene però che vada affrontata in modo non talebano, perché la storia dimostra che il clima e la natura, nel corso dei millenni, non sono mai stati in equilibrio. Per gran parte della sua storia la Terra è più stata più calda di adesso, e negli ultimi milioni di anni è stata qualche volta più calda e spesso più fredda. Il clima cambia, come è sempre cambiato. Come reagiremo è una questione di cultura. Combattere l’inquinamento – conclude Behringer – è giusto indipendentemente dai risultati che potremo forse ottenere sul clima. Se nonostante tutto farà più caldo ci prepareremo. I tempi cambiano, e noi con loro.