Accidenti, abbiamo celebrato feste e anniversari, ma ci siamo scordati di lui, di Giovanni Battista (Hans, o Batista de Val) Vinatzer, il pioniere del VII grado in Dolomiti. Invece, a cent’anni dalla sua nascita, dobbiamo assolutamente ricordarlo (e per fortuna siamo ancora in tempo), perché è stato in assoluto uno dei migliori scalatori dolomitici negli anni compresi tra le due guerre. Modesto, schivo, persino stupito quando i ripetitori delle sue vie raccontavano delle difficoltà con cui si erano dovuti misurare, non pubblicò mai nulla. Nemmeno una riga che è una riga. Il valore delle sue imprese fu riscoperto solo ripercorrendo gli itinerari che lui aveva tracciato, e solo allora si comprese fin dove il valgardenese (Vinatzer era nato a Ortisei nel 1912 e sarebbe cresciuto come orfano di guerra) fosse riuscito a spostare in avanti i limiti dell’arrampicata.
Hans era un arrampicatore di razza, un liberista d’eccezione, fatto della stessa pasta di gente come Andrich e Tissi. Doti naturali incredibili, nessuna necessità di allenamento, un equilibrio psicologico eccezionale, una tecnica innata e pochissimi chiodi. A vent’anni, nel 1932, con Giovanni Riefesser, riprese la via Solleder sulla parete nord della Furchetta, nel gruppo delle Odle. Si innalzò fino al Pulpito Dülfer e di lì continuò proprio dove Emil Solleder e Hans Dülfer erano stati respinti. Salì direttamente per 200 metri, con cinque chiodi e tre moschettoni, e giunse in vetta dopo aver superato difficoltà allucinanti per l’epoca (siamo intorno al VII grado) e roccia friabile. Una pazzia ma anche un capolavoro. Di sicuro il tratto di arrampicata più difficile di tutta la sua vita.
Nella stessa stagione Vinatzer percorse, completamente scalzo (aveva perso le pedule durante l’avvicinamento in bicicletta), la via Micheluzzi alla Marmolada. L’anno dopo Hans, con Luigi Riefesser, riuscì a superare la parete nord del Sass de la Luesa, nel gruppo di Sella; e ancora, con Vinzenz Peristi, vinse la difficile fessura che incide la parete nord della Stevia (Odle), oggi valutata 6a+. Anche questo un capolavoro.
Poi, nel ’34, con Raffaele Carlesso, altro grandissimo dell’epoca, Vinatzer portò a termine la prima ripetizione italiana della Comici-Dimai alla Cima Grande di Lavaredo. Ma non è finita. Due anni dopo, in cordata con Ettore Castiglioni, Hans realizzò un’impresa grandiosa – il suo capolavoro più noto – tracciando un nuovo itinerario sulla sud della Marmolada di Rocca. 800 metri di lastroni grigi, lisci e verticali: la via più difficile di tutte le Dolomiti prima della seconda guerra mondiale. Una scalata risolta solo alle straordinarie doti in arrampicata libera di Vinatzer, che diede il meglio di sé soprattutto nel tratto inferiore della via, dove sono concentrate le massime difficoltà. A quel tempo si arrampicava con pedule artigianali di manchon, che costringevano a una scalata esterna e molto atletica perché, a differenza delle scarpette di oggi, le vecchie calzature degli anni ’30 non permettevano la presa di spigolo laterale con il bordo della suola.
Hans Vinatzer, figlio di contadini, alpinista, guida alpina, maestro di sci e scultore ligneo valgardenese è morto il 3 novembre 1993, all’età di 81 anni, nel suo letto a Ortisei. Un grande, troppo spesso ignorato da quanti pretendono di conoscere a menadito la storia dell’alpinismo sui Monti Pallidi.
Ma è interessante ricordare che il 30 luglio 2001, in una sola giornata, il gardenese Adam Holzknecht e Diego Zanesco, di Bressanone, per ricordare il vecchio “maestro” ripeterono ben cinque vie di Vinatzer: sulla parete sud della Marmolada alla Punta Rocca (Vinatzer – Castiglioni, 1936), sulla parete nord della Furchëtta (Vinatzer – G. Rieffeser, 1932), la fessura della parete nord della Stevia (Vinatzer – L. Rieffeser, 1936), e quelle sulla parete ovest della Terza Torre del Sella (Vinatzer – Peristi, 1935) e sulla parete sud ovest del Piz Ciavazes (Vinatzer – Rieffeser, 1934). Un bel concatenamento. Nulla a che vedere, però, con le scalate dei tempi eroici…