L’alpinismo organizzato? Oggi farne parte è semplice. Basta associarsi al Club Alpino. Ma centocinquant’anni fa, al tempo dei pionieri, non era così facile, e chi era attratto dalle scalate non sempre si affiliava al sodalizio. D’altra parte non era cosa da poco iscriversi a un club in cui si entrava solo per cooptazione. E poi c’era la quota d’entrata, a far da deterrente. Nel corso della seconda riunione del Club Alpino, in un momento in cui occorreva costruire tutto da zero (segreteria, biblioteca, cartografia, rifugi), il bilancio di previsione per il 1864 ipotizzava che i nuovi soci, per entrare a far parte del sodalizio, dovessero versare ben 20 lire (che allora equivalevano a poco meno di metà stipendio di un operaio specializzato). Non solo: ai soci più generosi sarebbe stata richiesta una buona entrata volontaria di 100 lire (circa 820 euro di oggi). Stupiti? Le cifre d’iscrizione al Club Alpino sono un buon indicatore dello status sociale dei primi soci della prima ora, che erano aristocratici o alto borghesi, con una netta prevalenza dei borghesi a fine secolo. Vale a dire che i primi iscritti appartenevano per lo più alla classe dirigente del neonato Stato unitario, e l’associazione era solo per l’élite. Anche se, dopo la nascita delle prime sezioni staccate – a Firenze, Napoli, Roma e Milano –, nel 1874 i soci toccavano già le 1700 unità. Ma evidentemente c’era ancora molta strada da fare per dar vita a un Club Alpino rivolto a tutti gli appassionati di montagna…