di Marizio Puato – Domenica 5 febbraio. Squilla il cellulare. È Leo, del Museo del Cinema: mi avvisa che, a causa delle stalattiti di ghiaccio pericolanti sopra il balcone panoramico, hanno chiuso l’accesso al pubblico.
Lunedì mattina alle 8 siamo alla Mole e approfittiamo dei tecnici, che il lunedì fanno manutenzione all’ascensore, per scroccare un passaggio fino al tempietto. Lassù le stalattiti ghiacciate sono impressionanti. Alcune arrivano a misurare un paio di metri: sono dei missili di ghiaccio che, se finissero in strada, farebbero una strage.
La situazione sembra quasi irreale, questa volta la Mole si è davvero trasformata in una montagna: pietra, neve e ghiaccio. Prepariamo gli ancoraggi per calarci e bonificare. Sotto, sulla strada, un responsabile del Museo blocca il passaggio del pubblico sul marciapiedi. La situazione ha dell’incredibile: siamo nel centro di Torino e sembra di essere sulla parete nord di una montagna. Renzo si sente a suo agio. Gioca su un terreno che gli è assolutamente familiare: oltre ad essere una guida alpina è un abilissimo ghiacciatore, e il blocco di ghiaccio che da giovane gli è cascato in testa sfondandogli casco e cranio e lasciandolo in coma per un paio di giorni non gli ha tolto la passione e l’entusiasmo.
Sospesi alle corde, ci muoviamo con cautela. La bonifica va fatta in modo controllato, per evitare che i “ghiaccioli” caschino in zone non chiuse al passaggio, ma anche per poterle ammirare da vicino prima di rimuoverle. Il granito e la pietra di Luserna sono ricoperte da una glassa trasparente. Quando Renzo si avvicina a una stalattite, la più grande, mi rendo conto che è più lunga di lui, che ha le braccia distese: almeno due metri e mezzo. Giusto il tempo di scattare un paio di foto, e il mio socio mi lascia l’onore di rimuovere l’ammiraglia di ghiaccio. L’abbraccio letteralmente, facendo molta attenzione a non farla precipitare. Con un colpo secco si spacca, quasi alla radice. Rimango a cento metri da terra, sospeso a una corda, abbracciato alla candela di ghiaccio, e per un attimo giuro che non so che fare. Decido di gettarla dentro il terrazzino panoramico, qualche metro sotto di noi. La stalattite spacca in mille pezzettini, proprio come un bicchiere di cristallo.

Finiamo la bonifica togliendo ghiaccio e spalando gli accumuli di neve dalla Mole. Quando torniamo a terra, nel cortile della mole c’è soltanto un mare di cubetti di ghiaccio, una quantità sufficiente a preparare un Mojito per tutta Torino. Guardo verso l’alto, ripenso alla giornata trascorsa in quota e mi sento orgoglioso e anche un po’ un eroe; ma giusto qualche minuto, perché il freddo, la stanchezza e lo stare con i piedi per terra mi fanno ritornare un uomo normale, con i miei limiti e le mie fragilità.
1 comment
This is cool!