di Victor Serge. In principio erano gli uragani. A un certo punto, non contenti di essere chiamati in modi diversi in diverse parti del mondo – tifoni, cicloni, willy-willy – bagyo, taino – pretesero un nome proprio, ufficialmente assegnato da un organismo qualificato. E lo trovarono negli anni 50, grazie al National Hurricane Center americano, che cedette in seguito l’ingrato compito all’organizzazione meteorologica mondiale. Nomi femminili, in ordine rigorosamente alfabetico: il primo uragano dell’anno aveva un nome che incominciava per A, il secondo per B, e via così.
Un sistema semplice, chiaro e comprensibile a tutti. Ma a un certo punto qualcuno fece notare che gli uragani avevano la cattiva abitudine di provocare vittime e danni, e che non era politicamente corretto caratterizzarli al femminile. E così, prima complicazione, si decise di alternare i nomi per genere. Poi, seconda complicazione, intervennero preoccupazioni geopolitiche. Poiché gli uragani colpivano zone del mondo dove si parlavano lingue diverse, si decise di alternare nomi di origine inglese, spagnola e francese. E tutto sommato andò ancora bene, perché questa scelta, che escludeva un bel po’ di lingue minori e di dialetti locali, oggi non sarebbe passata e ci troveremmo con uragani dai nomi impronunciabili e di incerta grafia.
Complicazioni a parte, fatta relativa chiarezza sui nomi degli uragani, che sono eventi di enorme portata e dalle disastrose conseguenze, ci saremmo potuti accontentare. Ma non è stato così. Complici le gelosie professionali dei meteorologi e dei diversi istituti nazionali, nel corso degli anni abbiamo assistito a una insensata rincorsa battezzatoria. Dopotutto, se i cicloni avevano diritto a un nome, perché escludere gli anticicloni? E le depressioni, poverine, non avrebbero anche loro diritto a un piccolo riconoscimento? Oggi in Germania chiunque può adottare uno di questi fenomeni proponendo a pagamento un nome per le liste che l’istituto meteorologico tedesco prepara per l’anno successivo.
Ma in Italia, come sempre, siamo più avanti. In fondo, perché mai dovremmo limitare l’umana fantasia con regole troppo rigide? E così in questa estate calda, ma non da record, sono arrivati in rapida successione Annibale, Scipione, Caronte, Minosse, Nerone, Caligola e Lucifero. In quanto anticicloni si estendono su migliaia di chilometri quadrati di territorio e non sono un fenomeno italiano, ma continentale. L’ Europa, però, usa altri nomi. Annibale, per esempio, si chiamava Ignaz. E L’ultimo arrivato, Lucifero, appena scacciato dal fresco di una fantomatica Beatrice, si chiama in realtà Achim.
Chi li ha battezzati così? Mistero. Forse lo stesso che soltanto ieri, annunciando un benefico temporale, ha deciso di battezzarlo “bomba d’acqua”. E che sta già pensando ad un nome adatto per il prossimo gavettone.