di Alfio Bessone – Forconi? Ma quando mai! Tra tutti quelli che ho visto ai blocchi stradali intorno alle rotonde dubito che qualcuno abbia mai preso in mano un qualsiasi attrezzo agricolo. Da un’occhiata superficiale mi sembra che la composizione sociale e politica degli scioperanti – fermo restando il sacrosanto diritto di scioperare per tutti – sia piuttosto raccogliticcia e varia. Ho visto volti che conoscevo e altri a me del tutto ignoti. Molti curiosi, magari interessati alla manifestazione (che peraltro allinea temi e problemi scottanti), cercavano di capire chi fossero davvero i dimostranti e dove si collocassero dal punto di vista politico. Nelle discussioni ai margini dei posti di blocco, qualcuno dei curiosi parlava apertamente di populismo, di peronismo, di obiettivi impraticabili e vaghi; altri invece mostrano adesione e fervore. Francamente non so che dire. Ieri, ad esempio ci siamo ritrovati spettatori di una vicenda che non è riuscita a coinvolgerci sino in fondo. Chiedevamo spiegazioni e abbiamo ricevuto in cambio solo slogan. Conati di pensiero piuttosto debole. Qualcosa che vaga tra protezionismo, protoleghismo e giustizialismo cui si aggiungono anche rivendicazioni sacrosante. Al di là di ogni considerazione, comunque, bisogna mettere nel conto il disagio dei valligiani che pendolano verso la città. Persone che già hanno i loro problemi con il trasporto pubblico (ma è ancora il caso di chiamarlo così?) o con il caro benzina e che adesso non possono rientrare a casa o hanno difficoltà a muoversi per andare a lavorare. Di solito lo sciopero lo si fa contro i padroni, per dimostrare di fronte a ingiustizie palesi o soprusi salariali. Ora, mi chiedo, ha senso sbarrare la strada a persone che hanno bisogno di spostarsi per mille seri motivi, anche di salute, e che patiscono – esattamente come i dimostranti – un’indigenza economica diffusa, favorita anche da politiche economiche del tutto inadeguate, quando non del tutto sbagliate? Ho il dubbio che ci sia qualcuno che gode a farsi del male. Come quel tale che, per far dispetto alla moglie… Insomma, accanto a richieste più che legittime anche se un po’ astratte e generiche, mi pare di intravedere molto avventurismo, idee poco chiare e ampie zone d’ombra. E anche gente che si è infilata in mezzo alle manifestazioni con chissà quali scopi. Infine, se posso permettermi, mi piacerebbe chiedere a molti di quei signori dove si erano nascosti nei decenni scorsi, quando nelle valli hanno cominciato ad apparire i primi, pesanti disagi… Parlo della scomparsa dei servizi ferroviari, della chiusura degli ospedali, della rarefazione delle scuole in montagna. Allora a manifestare c’eravamo solo noi; di quei tizi, nessuno qui da noi aveva mai visto neanche l’ombra. E allora, come la mettiamo?
Quanto al facile accostamento tra forconi e montagna, personalmente avrei qualcosa da ridire. Nelle nostre valli nessuno è abituato a farsi giustizia da solo. Il tempo dei forconi funzionava forse nel medioevo. Quassù la democrazia vale oro, e la generazione precedente alla mia lo ha dimostrato durante la Resistenza. E secoli di autogoverno, in molte aree montane, hanno lasciato il segno.