Anche se lo abbiamo già fatto altre volte, non è male tornare ogni tanto sul grande e controverso tema del riscaldamento globale. Non perché in ambito scientifico vi sia ancora qualche dubbio sull’esistenza del fenomeno e sulle sue preoccupanti dimensioni, ma perché questa consapevolezza non è ancora condivisa da larghi strati dell’opinione pubblica. E molti governi sembrano troppo distratti dalla crisi economica per avere il tempo di riflettere sulle strategie da adottare per contenere i suoi effetti sul clima del pianeta.
Per chi vuole saperne di più consigliamo il sito dei “climalteranti” , un gruppo di studiosi che raccoglie e commenta con scrupolo scientifico gli articoli sul clima provenienti dai più importanti centri di ricerca mondiali. Di particolare interesse il confronto tra i dati pubblicati da UK MetOffice, Nasa-GISS, NOAA-NCDC, JMA e Berkeley Earth. Nonostante le discrepanze dovute ai criteri di analisi e ai diversi periodi presi in esame, il verdetto di queste autorevoli istituzioni è stato unanime: le temperature medie globali sono in ascesa, e il fenomeno è particolarmente evidente sulla terraferma, mentre negli oceani è presente, ma temperato dal rimescolamento delle acque a causa delle correnti.
Per quanto riguarda l’Italia, i dati raccolti dall’ISAC-CNR dimostrano che il 2014 è stato un anno record, con un riscaldamento di 2,4 gradi centigradi. L’Italia è un paese con una superficie piccola, monitorato da poche stazioni e dunque soggetto a variazioni su base annua molto forti, che il prossimo anno potrebbero anche andare in controtendenza. Ma le preoccupazioni restano, e qualcuno si è spinto a immaginare che attorno al 2050 su tutto l’arco alpino potrebbero esserci inverni più corti di due o tre settimane. La neve, secondo il ricercatore austriaco Ullrich Strasser, arriverà più tardi, e se ne andrà prima. Un problema gigantesco, non soltanto per i gestori delle stazioni sciistiche, ma per tutti noi.