Il 31 maggio 1982, Carlo Mauri – il Bigio, per i lecchesi – moriva stroncato da un infarto mentre saliva la via ferrata sul Pizzo d’Erna. A trent’anni dalla scomparsa di un personaggio che, come Walter Bonatti – di cui Mauri era molto amico – era riuscito a trasportare l’alpinismo nell’ambito della grande avventura, dal 10 al 25 novembre, alla Quadreria Bovara Reina di Malgrate (Lecco), sarà possibile visitare una mostra che ripropone la vita, la filosofia, il modo d’essere e le imprese di quello che fu uno dei massimi protagonisti della scena internazionale dell’esplorazione negli anni ’70 e ’80.
A prima vista enigmatico (E=CM30), il titolo dell’evento è un acronimo di Esploratore Carlo Mauri alla trentesima) e ricorda la celebre equazione di Albert Einstein, E=MC2, per la quale «un corpo a riposo ha la capacità di liberare energia trasformando tutta la sua massa o una parte di essa in radiazione elettromagnetica».
La mostra – stando a quanto dicono gli organizzatori – dovrebbe avere un allestimento insolito. «Verranno stravolti i canoni di una normale mostra» assicura Paolo Vallara, che ne ha curato il percorso espositivo, «e poi Carlo Mauri verrà presentato sotto aspetti che finora sono rimasti in ombra, schiacciati dal suo ruolo di alpinista, quello più noto».
L’iniziativa si articolerà in una carrellata che propone gli otto ambiti della ricerca di Mauri, dalle scalate alle esplorazioni via terra al famoso viaggio attraverso l’Atlantico e poi l’oceano Indiano a bordo di una zattera di papiro.