di Alfio Bessone – Corsi di studio per avviare nuove attività pratiche in montagna. Se uno sa cercare, l’offerta di per sé sarebbe anche discreta. Ci sono anche corsi per imparare i programmi base e i rudimenti di Photoshop. Ma perlopiù l’offerta riguarda le modalità per usare in sicurezza strumenti nuovi. Il che va benissimo, per carità. Ma è il ritorno a scuola che non funziona. Probabilmente il nodo della questione sta nel modo in cui si propongono i docenti. Ti guardano come se tu fossi appena sceso dal pero o non avessi mai abbandonato la tua grotta su a 300 metri. Si atteggiano come se fossero i depositari della verità e osservano gli allievi dall’alto al basso. Forse si chiedono perché i ragazzi che abitano in montagna siano così impermeabili alle novità, o perché non capiscano al volo i termini anglofoni e non colgano al volo gli esempi snocciolati durante le ore di lezione. Di sicuro, gli insegnanti hanno il dubbio che noi si viva in un mondo separato.
’Sta cosa non va bene. In giro sento dei mugugni. La sostanza del rimuginare è questa: i docenti dei corsi continuano a spiegarci cosa dovrebbe essere la montagna e vogliono insegnarci a cambiarla senza neanche averla mai vista, se non in cartolina. Proprio non riescono a capire perché qui facciamo a modo nostro e non usiamo i metodi della manualistica che loro hanno imparato a memoria. La sintesi del discorso è che, in base alle loro statistiche e ai loro studi, siamo arretrati. E dunque inutili.
E la risposta collettiva dei ragazzi delle valli, pur con tutta una serie di differenze e una diversa gradazione di orgoglio ferito, è la seguente: adesso che gli insegnanti vogliono fare i loro esperimenti, noi di colpo veniamo classificati come arretrati, ma quando della montagna nessuno voleva parlare qui c’erano i poveri cristi che cercavano di non lasciarla andare in malora. Molti se ne sono andati, e noi siamo rimasti su con le famiglie, per non abbandonare il lavoro di una lunga catena di generazioni. Secondo questi esperti, noi stiamo sbagliando tutto e dovremmo rivoluzionare la nostra vita. Ma sono mai saliti, almeno una volta, d’autunno e d’inverno, quando il vero problema quassù è scaldarsi? Sono mai venuti su a lavorare nel gelo, a fare i lavori pesanti e quelli sporchi? Non vogliamo cambiare? Non è vero, ma vogliamo farlo senza buttare via l’esperienza che ci consente di vivere quassù.
Dette così, le cose sembrerebbero inconciliabili. Ma si tratta solo di un apparenza. Io con i ragazzi che abitano quassù ci parlo tutti i giorni. E so che non è facile vivere in montagna o passare le stagioni all’alpeggio, per giovani di 16, 17 anni. Dividersi tra il richiamo della tecnologia contemporanea e i lavori tradizionali è una bella scommessa. C’è chi pensa di andarsene e chi, al contrario, si arrocca testardamente sulle posizioni dei genitori. Ma c’è anche chi ha capito che la tecnologia può essere una risorsa. Un buon aiuto che dev’essere però mediato con le esigenze della vita in montagna. Poco distante di qui, abitano tre famiglie di mezza età. Franco e Elena, due cugini, hanno scelto l’atteggiamento giusto. Finite le scuole dell’obbligo, hanno capito che dovevano far qualcosa per migliorare, e d’inverno, due volte la settimana, scendono a Pinerolo per seguire i famigerati “corsi”. Cercano di imparare, ma lo fanno con intelligenza. Quando intravedono che c’è qualcosa di immediatamente applicabile alla loro realtà, stressano i docenti con mille domande e mille ipotesi. Sul resto delle lezioni, si informano – ché non si sa mai – ma non si sforzano granché. Insomma, prendono quello che serve e cercano di adattarlo alla situazione in cui sono immersi. Proprio come hanno sempre fatto i loro genitori e i loro nonni. E a me, che li frequento spesso, capita di scoprire le cose più impensate. Di recente ho visto che Franco lavora sulla cartografia per la cura del bosco, e Elena progetta sul monitor la rotazione delle semine e sta studiando col cugino l’irrigazione a goccia per gli ortaggi. I loro genitori? Imparano e discutono. E mi sa che da quelle parti presto arriverà anche un computer nuovo.