L’altopiano di Asiago fu il teatro di uno dei più sanguinosi combattimenti della prima guerra mondiale tra italiani e austriaci. In poco più di un mese, tra il 15 maggio e il 27 giugno del 1916, i due eserciti persero oltre 230 mila tra morti, feriti, dispersi e prigionieri.
Le tracce di quella carneficina, avviata dagli austriaci per punire gli ex alleati italiani con una offensiva che doveva portarli fino alla pianura e finì con una ritirata sulle posizioni di partenza, riaffiorano ancora oggi, e fanno gola a molti cacciatori di reperti, che si aggirano tra i boschi con radar e picconi, sfidando la legge. L’attività di raccolta, infatti, deve essere regolarmente autorizzata e esclude qualsiasi operazione di scavo. I cimeli devono essere individuabili a vista o comunque affioranti dal suolo, e si possono recuperare solo con l’uso delle mani o con il ricorso a mere movimentazioni di superficie.
Ma in occasione del centenario della Grande Guerra la richiesta di cimeli è aumentata, e in molti hanno fiutato l’affare nonostante i possibili rischi. A volte infatti, si trovano proiettili e bombe inesplose e in cattivo stato di conservazione.
I controlli sono difficili, però qualche risultato l’hanno ottenuto. Qualche giorno fa è stato multato di mille euro un abusivo che aveva messo le mani su monete e bottoni, e l’autunno scorso sono sono stati bloccati tre cercatori che avevano addirittura scavato un tunnel di alcuni metri per raggiungere una trincea ancora intatta, dove speravano di trovare divise, oggetti, e forse anche anche ossa umane, a quanto pare assai richieste dal mercato.
Molti cercatori, però rifiutano l’etichetta del predone. Dicono di essere appassionati di storia e di svolgere la loro attività alla luce del sole e in collaborazione con musei e istituzioni locali. E ricordano ancora la straordinaria scoperta di qualche anno fa nella zona del Monte Grappa: un ospedale da campo sotterraneo con settanta letti, che è stato accuratamente studiato ma è ancora in attesa di una adeguata valorizzazione.