di Victor Serge. Scrive Paolo Rumiz nella breve ma stimolante presentazione che le montagne non rendono puri coloro che le scalano. E bene fa Dŭsan Jelinčič nel suo “Assassinio sul K2”, appena ripubblicato in Italia da Vivalda dopo le fortunate edizioni in lingua slovena, ad affrontare senza timori l’argomento del male in un mondo che da sempre si nutre della retorica della “lotta con l’Alpe” come strumento di elevazione morale.
E’ un giallo a tutti gli effetti l’opera di Jelinčič, giornalista RAI a Trieste, ma anche provetto alpinista, con all’attivo due ottomila. Ci sono vittime e colpevoli, che alla fine saranno smascherati. Ma soprattutto c’è una descrizione impietosamente fedele di quello che è diventato l’alpinismo himalayano, un grande carrozzone mediatico dove l’ambizione e le esigenze degli sponsor portano alcuni a salire scavalcando i corpi dei compagni morti, mentre altri accettano di essere trascinati di peso in vetta dai portatori delle spedizioni commerciali. Un mondo senza etica dominato dal denaro, almeno fino a quando la montagna non si arrabbia e ricorda a tutti chi è il più forte.
La storia raccontata in “Assassinio sul K2” ha un prologo sulla Nord dell’Eiger, uno dei grandi problemi dell’alpinismo europeo nella prima metà del secolo scorso. Due cordate, una inglese e l’altra pakistana, si incontrano in parete. Una corda viene tagliata, un alpinista muore. Molti anni dopo, alcuni dei protagonisti di quella salita si ritrovano al campo base del K2, e le tensioni, acuite dalle difficoltà ambientali, portano ad una esplosione di odio e di violenza.
L’esperienza accumulata nel corso delle sue spedizioni aiuta Jelinčič a essere credibile nelle descrizioni di luoghi, persone e comportamenti. L’itinerario di salita al K2, seconda montagna del mondo per altezza e prima per le difficoltà, è raccontato nei dettagli ed è la degna cornice della resa dei conti finale. Ma il valore aggiunto è nei particolari. Ci sono gli occidentali persi dietro ai loro sogni di gloria, apparentemente affratellati da una passione comune, in realtà divisi e pronti a farsi l’un l’altro le scarpe. Ci sono gli hunza che con loro affrontano le fatiche e i pericoli dell’alta quota, ma restano comunque tenuti sottilmente a distanza. C’è il mondo chiuso e imperscrutabile dei portatori, che combattono la miseria trasportando carichi sovrumani lungo le piste polverose degli avvicinamenti. E c’è anche la droga, che aiuta a placare le ansie e a vincere il tedio delle lunghe attese nei campi bassi. Nei resoconti ufficiali non se ne parla mai. Ma abbiamo il sospetto che non si tratti di una invenzione letteraria
3 comments
Buongiorno,
vorrei capire perché, dal vostro sito, si possono pubblicare gli articoli su Facebook solo parzialmente, cioè solo sulla propria bacheca, senza la possibilità di segnalarli direttamente a qualcuno in particolare.
Per esempio: letto l’articolo di Victor Serge su Assassinio sul K2 di Jelincic, volevo condividerlo sulla bacheca di Jelincic stesso, che è mio amico, ma, ahimè, non è possibile farlo.
Peccato, perché servirebbe a far conoscere il vostro sito a molte più persone.
Come non detto, sono riuscita a farlo copiando e incollando il link direttamente sulla bacheca di Jelincic. Ma resto dell’idea che sarebbe meglio poterlo fare direttamente dal sito di segnavia.
Tra l’altro: Jelincic la conosceva già!
Si, Dusan è anche nostro amico, e glielo avevamo segnalato. Quanto a Facebook, non siamo espertissimi, ma ci pare che l’articolo, una volta arrivato sulla bacheca di una persona, possa essere liberamente distribuito. In ogni caso, Segnavia54 è anche su Facebook con una sua pagina. Basta cliccare sul “mi piace” per ricevere tutti gli aggiornamenti.
Grazie per l’attenzione