
Non ha vinto la montagna, al Trento Film Festival, ma una denuncia ambientale. La Genziana d’oro della sessantaduesima rassegna cinematografica trentina, dedicata a montagna, società, cinema e letteratura, è stata assegnata a Metamorphosen, del tedesco Sebastian Mez, un documentario di 84’ che ha già ottenuto importanti riconoscimenti internazionale. Il lungometraggio racconta la vita della popolazione tutt’oggi radicata in un’area di 20.000 chilometri quadrati e pesantemente contaminata da un’esplosione nucleare avvenuta nel settembre del 1957, negli Urali meridionali. Il disatsro di Kyshtym, avvenuto presso la città di Ozyorsk (non segnalata sulle carte e nota a quel tempo come Chelyabinsk 40 e Chelyabinsk 65), fu dovuto a un guasto del sistema di raffreddamento al reattore di plutonio di Mayak, costruito tra il 1945 e il 1948. L’esplosione fece saltare in aria il coperchio di cemento (pesante 160 tonnellate) della costruzione. Nell’immediato non ci furono vittime, ma un rilascio di radionuclidi si sparse per centinaia di chilometri, contaminando con cesio 137 e stronzio 90 una zona vastissima. Risultarono pesantemente inquinati anche il fiume Techa e il Lago Karachay, che in cui erano già stati riversatai rifiuti nucleari. In seguito furono evacuate 10mila persone. A causa della segretezza degli impianti nucleari, la notizia del disastro trapelò solo un anno dopo e fu divulgata in maniera scientifica solo nel 1976. Oggi l’incidente del 1957 viene stimato di livello 6 nella International Nuclear Event Scale, una classificazione che lo pone al terzo posto dopo quelli di Chenobyl e di Fukushima. Il numero delle vittime è tuttora incerto, ma sembra sia stato altissimo.
Con un linguaggio cinematografico molto efficace, l’impressionante reportage di Sebastian Mez documenta l’esistenza degli della regione divenuta un «placido inferno radioattivo».
Gli altri premi assegnati dalla giuria del Festival sono andati a: Sati (Genziana d’oro del Club Alpino Italiano), del regista polacco Bartek Swiderski toccante ricordo dell’himalaysta Poitr

Morawski, scomparso nel 2009; a Janapar: Love on Bike (Genziana d’oro della Città di Bolzano), dei britannici James Newton e Tom Allen, su un lungo viaggio avventuroso in bicicletta; a Happiness (Premio della giuria), di Tomas Balmés, storia di un monaco bambino che vive in un villaggio del Bhutan. Le due Genziane d’argento sono state invece assegnate al
documentario francese La lampe au beurre de Yak, di Hu Wei (miglior corto), sull’odierna situazione tibetana, e a The Creator of the Jungle (miglior contributo tecnico artistico), del regista spagnolo Jordi Murató. Tra i riconoscimenti speciali, il Premio Città di Imola è andato a Luca Bich, per il film Verso dove, di cui abbiamo già parlato qualche giorno fa su questo sito.