Il 19 settembre del 1991 dal ghiacciaio del Similaun in ritirata, a pochi metri dal confine tra Italia e Austria, emerse il corpo perfettamente conservato di un uomo vissuto 5300 anni fa, con vestiti, armi e oggetti personali. L’importanza della scoperta fu subito evidente, tanto che portò a una disputa tra i due paesi sul luogo esatto del ritrovamento e quindi sulla proprietà dei resti. Alla fine vinse l’Italia, e Ötzi – la mummia è stata ribattezzata così dal nome tirolese della zona, la Ötztal – è oggi conservato in una cella climatizzata del museo archeologico di Bolzano, dove il pubblico può vederlo attraverso una piccola finestra.
In tutti questi anni Ötzi è stato sottoposto a centinaia di esami medici e scientifici, dalla datazione con il radiocarbonio all’analisi del dna e dei pollini, ed è stato oggetto di decine di convegni internazionali, l’ultimo proprio in questi giorni in occasione del venticinquennale della scoperta. Di lui si sanno molte cose, alcune certe e altre basate su ipotesi più o meno fondate, perché mancano le informazioni generali sulle popolazioni che abitavano in quella zona delle Alpi, e un solo corpo, benché integro, non può colmare tutte le lacune. Inoltre bisogna considerare che la scienza ha i suoi limiti, e commette errori. Soltanto dieci anni dopo il ritrovamento, ad esempio, i ricercatori si accorsero con grande imbarazzo che la causa della morte era una ferita di freccia. La sua punta, penetrata in profondità in direzione del cuore, era ancora lì.
Ötzi era alto un metro e sessanta, pesava cinquanta chili, aveva occhi marroni e capelli scuri, portava la barba, e aveva un età avanzata per l’epoca: circa quarantacinque anni. Il fatto che tra il suo corredo sia stata trovata una ascia in rame, materiale molto prezioso e proveniente dai giacimenti della Toscana meridionale, fa pensare che occupasse una posizione sociale preminente, e ci dice anche qualcosa sugli spostamenti e gli scambi commerciali che interessavano l’arco alpino. Conduceva una vita attiva, ma soffriva di arteriosclerosi e di dolori alle articolazioni, che probabilmente curava con i tatuaggi. Sul suo corpo ne sono stati trovati oltre sessanta. Analizzando stomaco e intestino i ricercatori hanno trovato tracce di carne di cervo e di stambecco, cereali e verdure. Tutto sommato, dunque, non se la passava male. Fino a quando un ignoto assassino, per motivi che non sapremo mai, ha pensato di toglierlo di mezzo con una freccia nella schiena.