Nel dicembre 2001, pochi giorni dopo l’attentato alle Torri Gemelle, Murat Kurnaz, un giovane turco residente in Germania, andò in Pakistan per approfondire lo studio del Corano. Arrestato in quanto sospetto terrorista, finì nel famigerato carcere americano di Guantanamo, dove fu più volte torturato, e ci restò per cinque anni senza neppure conoscere le accuse a suo carico. Alla fine, grazie all’ impegno della madre Rabiye e dell’avvocato Bernhard Docke, la sua innocenza venne riconosciuta e tornò in libertà.
La storia è vera, drammatica, complicata in tutti i suoi risvolti, comprese le ipocrite esitazioni della Germania e dellaTurchia, poco propense a farsi carico dei diritti di un sospettato di terrorismo. Ma “Mamma contro G.W.Bush”, del regista tedesco Andreas Sommer, ha il grande merito di raccontarla senza esasperare i toni, mettendo in fila i fatti dal punto di vista di una semplice casalinga lontana da ogni forma di impegno politico, e tuttavia capace di reinventarsi attivista pur di salvare la vita del figlio
L’attrice che interpreta la madre, Meltem Kaptan, è stata premiata con l’Orso d’Argento al festival di Berlino e riesce, con la sua straripante presenza e il suo candore, a trasformare un onesto prodotto di impegno civile in un piccolo gioiello dove la comicità e l’indignazione convivono in una insolita combinazione. I dialoghi tra lei e l’avvocato, inizialmente riluttante a seguire il caso e via via sempre più coinvolto, sono deliziosi. E la determinazione che la porta davanti alla corte suprema americana è almeno pari alla grazia con cui si aggira tra le pentole e i fornelli, nel tentativo di offrire al marito e ai due figli minori un po’ di quella normalità famigliare che la violenza dei potenti ha distrutto.
“Mamma contro G.W.Bush” dura quasi due ore. Qualche minuto in meno lo avrebbe probabilmente migliorato, ma anche così resta un ottimo film. C’è soltanto da sperare che i distributori lo mantengano a lungo in programmazione.
gbg