Thomas Lilti è un medico che fa anche il regista, o forse sarebbe meglio dire che è un regista che fa anche il medico, visto che i suoi film, tutti ambientati nel mondo della sanità, hanno avuto un buon successo di critica e gli hanno dato una certa notorietà internazionale. Chi segue questa rubrica sa che abbiamo apprezzato “Il primo anno”, dedicato alle storture del sistema universitario francese, e “Il medico di campagna”, storia di un difficile rapporto tra un professionista all’antica e la sua giovane sostituta. In questi giorni di clausura, grazie a RaiPlay, è possibile rivedere anche la sua interessante opera prima, “Ippocrate”, che risale al 2014, ma nelle sale italiane è arrivata soltanto nel 2018 e ha raccolto la miseria di 25.000 euro.
Benjamin, interpretato dall’ottimo Vincent Lacoste, protagonista anche ne “Il primo anno”, è un tirocinante che presta servizio nel reparto di medicina interna diretto dal padre. E’ ambizioso e pieno di voglia di fare, ma si scontra con una realtà difficile: carenze di personale, turni massacranti, apparecchiature fatiscenti e non sostituite a causa dei tagli decisi da un amministratore che pensa soltanto ai bilanci. Tutto il mondo è paese.
In queste condizioni l’errore è in agguato e Benjamin ne commette uno grave, che l’ospedale decide di coprire, “perché così bisogna fare se si vuole andare avanti”. A far precipitare la situazione è il caso di una anziana paziente senza speranza, che costringe lui e un suo collega di origine algerina a scegliere tra l’umana pietà e il rispetto delle regole, e li porta a scontrarsi con l’ottusità della struttura.
Vedere “Ippocrate” oggi, con gli ospedali travolti dall’emergenza Covid, è istruttivo perché ci aiuta a capire quanto complessa, delicata e fragile sia la macchina dell’assistenza anche in tempi normali. E a guardare con maggiore indulgenza alle difficoltà di chi opera in condizioni tanto difficili.
gbg