Di solito preferisco il silenzio alle stroncature. Ma per “Delta”, di Michele Vannucci, faccio una eccezione. Ero andato a vederlo con grandi aspettative per la presenza di un ottimo attore come Luigi Lo Cascio e le suggestiva ambientazione nel delta del Po, e mi sono ritrovato a guardare un film pretenzioso e a tratti irritante, con tutti i difetti tipici del cinema italiano cosiddetto “d’autore”.
La storia è costruita sul violento contrasto tra i pescatori locali, aiutati da una associazione ambientalista, e un gruppo di romeni che pratica la pesca di frodo con la corrente elettrica. Lo Cascio è Osso, il legalitario presidente della associazione, che cerca in tutti i modi di tenere a bada la combattiva sorella, interpretata da Greta Esposito. La sua donna – Emilia Scarpati – lo ha lasciato due anni prima e ha iniziato una relazione pericolosa con il bracconiere Elia, che ha scelto di vivere con i romeni, e ha il volto di Alessandro Borghi.
L’esito è scontato. Ma prima di arrivarci ci sono quasi due ore di alcol che scorre a fiumi, urla, corse affannose nei boschi immersi nella nebbia e bagni fuori stagione nella paludi del delta. Sarebbero troppe anche se i protagonisti fossero efficaci, ma le due donne, non saprei dire se per scelta del regista o loro incapacità, sono così sopra le righe da risultare fastidiose, mentre il volto inespressivo di Borghi resta tale nonostante gli sforzi del truccatore e le inquadrature ravvicinate destinate a esaltare il tormento interiore del personaggio.
Lo Cascio è sempre Lo Cascio, e ovviamente sa recitare. Ma i suoi lineamenti delicati e il fisico minuto lo rendono poco credibile nei panni di un uomo a suo agio nel durissimo ambiente del delta. Era presente in sala, e dopo la proiezione ha conversato brevemente con il pubblico. Simpatico e disponibile, non è sembrato che il film fosse al centro dei suoi pensieri. Forse, però, è stata una mia impressione.
gbg