Arrivo buon ultimo, lo so. Ma “Strappare lungo i bordi”, la miniserie animata di Zerocalcare da poco uscita su Netflix, è ben costruita, diverte e fa pensare: tre caratteristiche che è raro trovare tutte insieme anche in opere con ben maggiori pretese. Quindi eccomi qui ad aggiungere il mio giudizio positivo ai tanti che lo hanno preceduto.
Si tratta di sei brevi puntate, che si possono tranquillamente vedere in una sola sera, con alcuni dei personaggi che hanno reso famoso Zerocalcare in Italia e all’estero. C’è lui, con le sopracciglia nere e le magliette con il teschio, alle prese con la sua coscienza-Armadillo, che per l’occasione ha la voce di Valerio Mastandrea. Poi la madre Lady Cocca, costantemente preoccupata per il figlio che non trova lavoro, l’abulico Secco, che divora gelati e si mantiene con il poker on line, la saggia Sarah, sempre impegnata a riportare il protagonista con i piedi per terra, e la tenera Alice, che vorrebbe fare la maestra a Roma, ma alla fine è costretta a tornare in famiglia a Biella.
Come sempre nei fumetti di Zerocalcare, il tono scanzonato e le battute scoppiettanti nascondono una critica feroce a un sistema ipocrita e incapace di dare risposte alle giovani generazioni. Una visione del mondo radicale e militante, che non tutti apprezzano. Ma Zerocalcare può dirsi soddisfatto: ha venduto oltre un milione di copie dei suoi libri, e “Strappare lungo i bordi” è una delle serie più viste e amate di Netflix, con buona pace di Massimo Giletti che si è dichiarato offeso dal modo in cui si parla di Biella.
I disegni sono realizzati con una cura maniacale, le musiche azzeccate, i testi accattivanti, anche se a volte il marcato accento romanesco dei personaggi fa rimpiangere la scelta di aver rinunciato alla sottotitolazione, peraltro disponibile. Però, contrariamente a quello che accade in molte serie TV made in Italy, qui la cosa è voluta e giustificata. E non infastidisce.
gbg