Grazie agli idioti dell’università Milano Bicocca ho scoperto, e letto in un giorno, “Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fëdor M.Dostoevskij” di Paolo Nori, edito da Mondadori.
Nori ha scritto molto, e in genere bene. Ma questo suo “romanzo”, come lo chiama lui, è semplicemente perfetto. Ci guida, tenendoci per mano, in un meraviglioso viaggio nella grande letteratura russa dell’Ottocento, e ci ricorda il valore universale delle sue lezioni. Dostoevskij, Puškin, Gogol,Tolstoj, Turgenev e tutti gli altri tornano in vita attraverso le citazioni e gli aneddoti di Nori, le sue riflessioni sulla forza della letteratura e sul mestiere del traduttore, le divagazioni soltanto apparentemente svagate che ne caratterizzano lo stile.
Pubblicato nel 2021, prima della crisi ucraina, il libro è un utile antidoto per i veleni dell’attualità. Non è un libro filo-russo, come hanno temuto i responsabili dell’università quando hanno chiesto con grossolana ignoranza a Nori di rinviare le sue lezioni “per evitare le polemiche” e, eventualmente, di “integrarle con qualche autore ucraino”. È un libro per la pace, un libro che ci aiuta a restare umani anche nei tempi difficili che stiamo attraversando.
Dostoevskij, l’uomo capace di scrivere in poche settimane, pressato dai creditori, “Delitto e castigo” e “Il giocatore” , viene raccontato con struggente intensità, senza nasconderne i lati oscuri del carattere e il vizio del gioco. Il successo, la condanna a morte del 1849, la grazia ricevuta all’ultimo momento, l’esilio, i matrimoni, la conversione, le ristrettezze economiche, il trionfo. C’è tutto questo, nel libro di Nori, insieme a tanto altro. Qui mi limito a una citazione, quella che spiega il titolo dell’opera: “Uno scrittore russo, Vasilij Rozanov, descrive Dostoevskij come un arciere nel deserto con una faretra piena di frecce, che, se ti colpiscono, esce il sangue. Ecco, io, la prima reazione che ho avuto, quando ho capito di che cosa parlava Dostoevskij in “Delitto e castigo”, quando Raskol’nikov, il protagonista, si chiede “Ma io, sono come un insetto o sono come Napoleone?”, ecco quella domanda, io quindicenne, me la sono rivolta anch’io: “Ma io” mi son chiesto “sono come un insetto o sono come Napoleone?”. E ho avuto, me lo ricordo perfettamente, la sensazione che quella cosa che avevo in mano, quel libro pubblicato centododici ani prima a tremila chilometri di distanza, mi avesse aperto una ferita che non avrebbe smesso tanto presto di sanguinare. Avevo ragione. Sanguina ancora”.
Battista Gardoncini