Tutto quello che si vede è accaduto davvero, a poche centinaia di chilometri da noi, nel cuore di una Europa che pensavamo e pensiamo civilissima. Tutto quello che si vede potrebbe accadere ancora, anche a noi e ai nostri figli, perché il confine tra la civiltà e la barbarie è labile, e può essere superato quasi senza rendersene conto.
“Quo vadis, Aida?”, della regista bosniaca Jasmila Žbanić, racconta con scrupolo documentario e incalzante drammaticità la tragedia di Srebrenica, dove nel luglio del 1995 oltre 8.000 musulmani bosniaci furono massacrati dall’esercito della repubblica serba di Bosnia comandato dal generale Ratko Mladić, che aveva occupato la città. Srebrenica era stata dichiarata dall’Onu zona protetta, e le vittime avevano cercato la protezione del contingente militare olandese che presidiava la zona. Ma furono gli stessi soldati olandesi ad accordarsi con Mladić per la loro evacuazione in una zona più sicura che in realtà si concluse con la fucilazione di tutti gli uomini presenti.
Jasmila Žbanić racconta quelle ore drammatiche attraverso la vicenda di Aida, una donna bosniaca che lavora come interprete nella base olandese, e si batte con tutte le sue forze contro l’indifferenza e le pastoie burocratiche degli olandesi per salvare il marito e i due figli. E’ un personaggio di fantasia, ma drammaticamente reale, perché in quella base lavorava davvero un interprete, Hasan Nuhanović, che sopravvisse al massacro e diventò uno dei principali accusatori del generale Mladić quando quest’ultimo, 16 anni dopo i fatti, fu arrestato e condannato all’ergastolo da un tribunale penale internazionale per genocidio. Nuhanović tentò anche, senza successo, di portare in giudizio i comandanti del contingente olandese.
“Quo vadis, Aida?” è un pugno nello stomaco che ricorda a tutti noi le ferite mai completamente rimarginate di una guerra che abbiamo preferito dimenticare. Anche per questo è un film da vedere.
gbg