Secondo il “Doomsday Clock”, l’orologio del giorno del giudizio elaborato da un gruppo di scienziati indipendenti, nel corso del 2023 la guerra in Ucraina e la proliferazione delle testate nucleari hanno portato il mondo ad appena novanta secondi dalla catastrofe definitiva. Non era mai accaduto prima.
Giunge quindi a proposito “Oppenheimer”, lo splendido film di Cristopher Nolan dedicato alla figura dello scienziato che più di ogni altro contribuì alla costruzione delle bombe atomiche lanciate dagli Stati Uniti sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, salvo poi battersi con tutte le sue forze per la pace e il controllo degli armamenti.
“Oppenheimer” dura tre ore, e ogni minuto è un piacere per gli occhi e per la mente. Segue con scrupolo filologico la vita di Robert Oppenheimer, genio sarcastico e poliglotta, che muove i primi passi nel mondo inesplorato della fisica quantistica, discute alla pari con tutti i più grandi scienziati dell’epoca, da Einstein a Bohr a Heisenberg, e non ha paura di avvicinarsi alle idee sovversive del partito comunista. Oppenheimer è consapevole dei rischi del nucleare, ma quando arriva Hitler mette le sue enormi doti al servizio del paese, concentrando a Los Alamos tutti i migliori scienziati del mondo libero per arrivare alla bomba prima dei tedeschi. Il resto è storia, compreso l’ignobile trattamento subito da Oppenheimer negli anni della guerra fredda, quando il suo pacifismo venne scambiato per tradimento, e fu allontanato dai laboratori che aveva creato. La piena riabilitazione arrivò soltanto nel 1963, tre anni prima della morte.
“Oppenheimer” è forse con “Dunkirk” il miglior film di Nolan, e ha tra i punti di forza un cast eccezionale: Cillian Murphy è Oppenheimer, Emily Blunt la moglie Kitty, Florence Pugh l’amante Tattlock, Robert Downey il perfidio Strauss, Matt Damon il generale Grooves, il militare che affiancò Oppenheimer per controllarlo, e ne difese l’integrità morale davanti ai persecutori.
gbg