In questi giorni nelle sale, “Boys” di Daniele Ferrario è un omaggio al rock che merita di essere visto. Racconta la storia di quattro amici che negli anni Settanta avevano raggiunto una certa notorietà e che continuano a esibirsi per il semplice piacere di farlo.
I casi della vita hanno portato i quattro su strade diverse: uno fa il notaio, un altro il ristoratore, un altro ancora lavora per la televisione, l’ultimo è in pensione e ha problemi di salute. Solo la loro amicizia è rimasta salda nel tempo, e si rinnova ogni volta che i Boys si ritrovano per suonare i loro vecchi brani, scritti da un quinto membro del gruppo morto suicida molti anni prima.
All’improvviso arriva la proposta di un giovane rapper sulla cresta dell’onda, che vuole realizzare una cover di un loro successo. La manager del ragazzo è disposta a comperare a caro prezzo i diritti dell’intero repertorio del gruppo, ma per venderli i quattro devono avere l’assenso della loro vocalist, di cui hanno perso le tracce. La sua ricerca è l’occasione per un viaggio che attraversa l’Italia nello stile on the road comune a tanti gruppi musicali dell’epoca, e consente ai quattro una nostalgica riflessione sulla musica, sull’amicizia e sulla vita.
Davide Ferrario è un regista anomalo, che ha sempre cercato di distanziarsi dai troppi cliché del cinema italiano. Alcuni dei suoi film, come “Tutti giù per terra”, “Guardami” e “Dopo mezzanotte”, hanno avuto ottimi riscontri al botteghino, altri meno. Dal 2014 si è dedicato ai documentari, alla letteratura e alla fotografia. Con “Boys” è tornato al lungometraggio, e a mio parere ha fatto centro grazie anche alle splendide musiche di Mauro Pagani. Di tutto rispetto il cast, con Neri Marcoré, Marco Paolini, Giovanni Storti e Giorgio Tirabassi che interpretano i quattro amici. Bravissima e sempre bellissima Isabel Russinova nei panni della vocalist che si è ritirata in un paesino del sud.
gbg