Omaggio a Truffaut

Grazie, RaiPlay. E grazie ovviamente a mamma Rai. Metterci a disposizione sullo schermo di casa, restaurati e in parte sottotitolati, undici film del grande François Truffaut è il più bel regalo che la televisione pubblica poteva farci in questo buio periodo di lockdown. E a noi non resta che sdraiarci sul divano, con l’unica preoccupazione di decidere quale guardare per primo. In ordine cronologico? Seguendo l’estro del momento? Privilegiando quelli che abbiamo visto soltanto una volta, o quelli che hanno rafforzato il nostro amore per il cinema, e che conosciamo a memoria, fotogramma dopo fotogramma, ben sapendo che troveremo comunque qualcosa di nuovo, qualche inquadratura particolare, qualche trucco di regia che ci delizierà?

Vale la pena di elencarli, questi titoli che hanno lasciato un segno profondo nella storia del cinema anche quando non erano dei capolavori assoluti: I quattrocento colpi, Tirate sul pianista, La calda amante, Baci rubati, Le due inglesi, Mica scema la ragazza, L’amore fugge, L’ultimo metrò, La signora della porta accanto, Finalmente domenica, e Jules e Jim con la splendida Jeanne Moreau.

Non vi rivelerò la mia scelta. Ma vale la pena di dire due inadeguate parole su Truffaut regista, con gli amici Jean Luc Godard, Claude Chabrol, Éric Rohmer e Jacques Rivette esponente di quella Nouvelle Vague che rivoluzionò il cinema francese e non soltanto quello. 

Nato nel 1932, Truffaut ebbe una infanzia e una adolescenza difficili, finì in riformatorio, si arruolò nell’esercito da cui fu cacciato per instabilità di carattere. Lo salvarono i libri, che divorava, e il cinema che lo appassionava. Dagli esordi come critico sulle pagine dei Cahiers du cinéma alla macchina da presa il passo fu breve. Nel 1959 il suo primo lungometraggio, I quattrocento colpi, vinse il premio per la migliore regia al Festival di Cannes. Di fatto era la sua autobiografia, con Truffaut interpretato sullo schermo dall’attore Jean-Pierre Léaud. Il resto è storia.

gbg

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