Moreschini al Museo del Cinema

Cercavano qualcuno che sapesse far di conto molto bene e che avesse qualche dimestichezza con la gestione del personale. E l’hanno trovato. Non è un uomo di cinema, un esperto, uno studioso, un critico, un regista, un attore, un produttore, un trovarobe, il nuovo direttore del Museo del cinema di Torino. Alessandro Moreschini, 49 anni, cuneese, avvocato, ha un curriculum ricchissimo, esperienze lavorative di prim’ordine, tante qualità professionali, ma non una che faccia riferimento ai mestieri, agli studi e alla frequentazione del mondo della celluloide.

E’ stato nominato dal Comitato di gestione del Museo dopo 8 mesi dalla pubblicazione del bando per la ricerca, appunto del direttore, affidata a una società privata di cacciatori di teste. E questa società, dopo aver vagliato le teste di 35 candidati, ha presentato una lista ristretta di 5 papabili. E da qui, non senza qualche discussione, è venuto fuori il nome di Moreschini. Ottimo elemento nel suo campo, è appena il caso di sottolinearlo, come si può dedurre dal curriculum: è stato direttore amministrativo alla Reggia di Venaria, all’Accademia Albertina, all’Accademia di Belle arti di Roma, ha un paio di master in gestione amministrativa e in analisi di bilancio.

E il cinema, i suoi ambienti, i suoi protagonisti, il Museo con le sue esposizioni, i reperti, le mostre, le rassegne, i festival? No, tutto questo non c’entra. Quello che bisognava trovare non era un esperto di cinema con una predisposizione per la conduzione del Museo, ma, più semplicemente, un direttore amministrativo. E, dunque, ora accade che la Mole non ha più un direttore artistico-scientifico, ma solo un capo della macchina amministrativa. Magari poi Moreschini si rivelerà un cinefilo di prima grandezza. Ma questa sua eventuale caratteristica per ora è quantomeno in sonno, latente, sconosciuta. Certo, il Museo aveva bisogno anche di un direttore amministrativo. E ora ce l’ha. Ma intanto perde il direttore artistico, la figura tanto per intenderci per molti anni incarnata da Alberto Barbera.
Del resto, il bando parlava chiaro, anche se non del tutto. Perché, intanto, parlava di un “direttore” del Museo, e non di un direttore amministrativo, quale ora risulta all’evidenza dalla figura del neonominato. E nella descrizione delle sue caratteristiche ci si dilungava sugli aspetti amministrativi e gestionali delle sue funzioni. Ai compiti e responsabilità di carattere scientifico veniva riservato un semplice cenno, non in primo piano: “sovrintende” alle attività culturali. Al Museo del cinema un “sovrintendente” non si era mai visto. Un direttore, va ribadito, come Barbera invece sì. E come lui per sostituirlo di esperti certo non ne mancavano in Italia, in Europa e altrove. E ancora, le dichiarazioni dell’allora presidente della Mole, Laura Milani, per il tratteggio della figura del direttore era tutto un fiorire di capacità gestionali e amministrative, riservando un poco dignitoso “senza dimenticare” alla gestione delle attività scientifiche e culturali.
Non a caso, visto il bando e il resto, fior di specialisti del ramo si erano tenuti alla larga dal partecipare.
Così, dunque, dopo quasi due anni di sede vacante e un precedente bando fatto fallire per “divergenze di opinioni” tra Comune di Torino e Regione sull’allora vincitore – costo, 50 mila euro – si chiude la penosa vicenda del direttore del Museo del cinema. Ora certo per la Mole si parlerà di rilancio, di nuovo inizio. Ma la mancanza di un direttore scientifico riconoscibile in Italia e all’estero non è un buon segno. E tuttavia, si può comunque ben sperare: il presidente del Museo del cinema infatti da alcuni mesi è Sergio Toffetti, le cui conoscenze in campo cinematografico e dei “contenuti” della Mole sono universalmente riconosciute.
Nino Battaglia
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