M, il figlio del secolo

Non è un bel libro. La scrittura di Scurati è barocca, a volte ridondante,  e alla distanza mette a dura prova la resistenza di chi ama affrontare i testi senza concedersi pause o distrazioni: ottocento pagine sono tante, e sono soltanto la prima parte della trilogia annunciata dallo scrittore napoletano. Inoltre non è esente da qualche imprecisione, come ha sottolineato con un po’ di perfidia Ernesto Galli della Loggia. Qui trovate la polemica tra i due. 

Ma “M, il figlio del secolo” è un libro utile, e vale la pena di tenerlo sul comodino, centellinandone la lettura in un lungo lasso di tempo, perché la resistibile ascesa al potere di Benito Mussolini ha ancora molto da insegnare a chi a cento anni di distanza si ritrova alle prese con una crisi di sistema simile a quella che seguì la prima guerra mondiale. Oggi, come allora, c’è il rischio che il crollo dei vecchi valori favorisca i più spregiudicati e i più violenti. E ricordare gli errori commessi è il primo indispensabile passo per impedire che si ripetano.

Scurati ha scelto la strada del romanzo. I suoi personaggi, Mussolini, la moglie Rachele, l’amante Margherita Sarfatti, Gabriele D’Annunzio,  Giacomo Matteotti, Vittorio Emanuele,  Giovanni Giolitti, Filippo Turati,  Nicola Bombacci  e tanti altri, dagli squadristi ai contadini delle leghe, dagli operai rivoluzionari ai regi carabinieri, sono raccontati nel pubblico e nel privato, nelle aspirazioni, nelle speranze e nelle paure. E terribili sono le descrizioni delle violenze che accompagnano l’ascesa del fascismo, e che oggi troppo facilmente facciamo finta di dimenticare.

A sostegno della narrazione ci sono, alla fine di ogni capitolo, i documenti storici, gli articoli dei giornali, le relazioni dei prefetti, le lettere. Visti con il senno di poi, una impressionante testimonianza della leggerezza con la quale si andò verso la dittatura.

Unico davvero lucido nella sete di potere e nel desiderio di piegare l’Italia ai suoi voleri, Mussolini giganteggia, ma è anche consapevole della sua fragilità, ed è quasi sorpreso dei risultati della marcia su Roma, che l’esercito avrebbe potuto fermare in qualsiasi momento, se il governo avesse mostrato un minimo di fermezza. La fiducia parlamentare al suo primo governo – 306 sì e 116 no – sancisce la vittoria. Due anni dopo lo stesso parlamento si suicida approvando una riforma elettorale che attribuisce un premio di maggioranza alla lista che superi il 25% dei consensi, ma al voto la sinistra si presenta frantumata, e la lista fascista ottiene quasi il 70% dei consensi. Pochi giorni dopo l’omicidio di Matteotti  scuote le coscienze, ma Mussolini non cade. 

Non capiscono, non capiscono  – è il Mussolini di Scurati che parla nell’ultima pagina del romanzo – sono gattini ciechi avviluppati in un sacco. Mi sono giustificato dinanzi alla storia, ma devo ammetterlo: è struggente la cecità della vita riguardo a se stessa. Alla fine si torna all’inizio. Nessuno voleva addossarsi la croce del potere. La prendo io”.

Il resto è noto. E per chi se lo fosse dimenticato, Scurati sta preparando gli ultimi due volumi della trilogia.

Battista Gardoncini

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