L’ultima notte di Amore

Ben girato, ben recitato, carico di tensione fino all’ultima ambigua inquadratura. “L’ultima notte notte di Amore” è un noir che non sembra neppure italiano, vista le pessima abitudine dei registi di casa nostra di riempire il genere di significati impropri e non richieste sperimentazioni. Ma la spiegazione c’è: il regista romano Andrea Di Stefano, che lo ha diretto, si è formato negli Stati Uniti, dove ha studiato recitazione all’ Actors Studio e ha mosso i primi passi nel cinema indipendente imparando ad andare al sodo senza provincialismi. Internazionale, del resto, era la produzione del suo film più noto, “Escobar”, interpretato dalla star Benicio del Toro.

Anche “L’ultima notte di Amore” è costruito su misura per un grande attore, Pierfrancesco Favino, nei panni del poliziotto Franco Amore, giunto all’ultimo giorno di lavoro senza avere mai sparato un colpo di pistola, ligio alle regole ma non tanto da disdegnare qualche lavoretto extra come guardaspalle. E proprio questo secondo lavoro metterà nei pasticci lui e un suo collega, che lo accompagna all’aeroporto ad accogliere una ambigua coppia di cinesi con una misteriosa valigetta.

La vicenda si svolge nell’arco di una notte, con continui rimandi ai dieci giorni che la precedono, utili per capire meglio il personaggio di Amore, un mite poliziotto con qualche amarezza per una carriera mai decollata, innamoratissimo della giovane compagna, interpretata da Linda Caridi. Amore pensa soltanto al  futuro da pensionato che lo attende, tanto da approfittare di tutti i momenti liberi per provare a bassa voce il discorso di commiato da tenere ai colleghi, ma quando le circostanze lo mettono alla prova si dimostra più duro del previsto.

Sullo sfondo c’è Milano, con i suoi traffici e i suoi compromessi, che Di Stefano presenta fin dai titoli di testa con una spettacolare ripresa aerea notturna. Un pezzo di bravura che ha il solo difetto di essere un po’ troppo lungo.

gbg

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