Alcuni lo avevano percepito durante i giorni delle proiezioni, così, a occhio. E ora gli organizzatori lo ammettono e finalmente lo fanno sapere: il festival di cinema gay, svoltosi a metà giugno scorso e ribattezzato Lovers, anzi, “Lovers film festival – Torino Lgbtqi visions”, per una presunta e forse sedicente necessità di internazionalizzazione, ha perso spettatori. Hanno impiegato 4 mesi per contarli, il nuovo giovane direttore Irene Dionisio, che ha sostituito il fondatore del festival Giovanni Minerba, direttore per più di trent’anni e ora presidente, il presidente del Museo del cinema di recente nomina Laura Milani, e l’assessore del Comune di Torino Marco Giusta, che dopo aver avuto tanta parte nell’indicazione del nuovo vertice del festival, è stato sempre presente nelle notizie che hanno riguardato la rassegna e ora risulta assente dai commenti dei risultati negativi dell’ultima edizione.
Ma i responsabili si consolano: in un chilometrico comunicato di lunghezza degna di miglior causa e dal fraseggio paludato che neanche l’assemblea generale dell’Onu, affermano che il festival perdeva spettatori da una decina d’anni, quindi… Il senso è questo, anche se lo dicono con altre parole – “in linea con il trend decrescente degli ultimi 10 anni, da ricondurre in parte alla necessità di superare una formula che ormai mostrava segni di criticità” -.
L’ultima edizione ha registrato 18 mila presenze nelle 3 sale del cinema Massimo, e 5 mila nelle attività collaterali, incontri, dibattiti, convegni e quant’altro. Non viene detto in numeri e cifre quanto ha perso rispetto all’anno scorso e agli altri anni. E in mancanza dei riscontri di biglietteria e incassi bisogna accontentarsi delle “presenze”, fermo restando che, come avviene però in tutti i festival, i “presenti” possono essere pressocché sempre gli stessi soggetti, acccreditati, abbonati eccetera . Le 3 sale del Massimo quando sono piene come 3 uova possono contenere complessivamente 750 persone, maschere comprese. E per fare 18 mila presenze alle proiezioni in 6 giorni di festival bisogna registrare 4 volte al giorno il tutto esaurito. Cioè quasi sempre. Chi non se ne è accorto, deve comunque fidarsi di chi ha contato gli ingressi. Poi si aggiungono i 5 mila convenuti alla parte convegnistica, ma un festival di cinema vive di film e non di convegni.
Certo, Lovers ha un primo, grande problema: le risorse. Chi lo mette insieme è costretto a farlo con pochi spiccioli, poco più di 400 mila euro. E con una cifra simile un festival di cinema che si rispetti non va tanto lontano. Ma non è solo questione di scarsità di fondi. Perché ci sono anche le scelte di chi allestisce il programma. E Lovers con la nuova direzione è sembrato volersi chiudere in se stesso, tutto rivolto al “suo” pubblico, come se fosse “riservato” ai gay e “vietato” agli altri. Un festival solo per spettatori selezionati, intellettualistico, con i film, peraltro in gran parte di buona qualità (il vincitore The wound, Sudafrica, uno della Finlandia e uno di Taiwan, sono stati indicati agli Oscar dai rispettivi paesi), ma pesantemente drammatici, senza un sorriso, una spruzzata di autoironia, film che sovente abbondano in scene di sesso anche esplicito e inutilmente insistito, come se senza la pratica sessuale non possa esistere un cinema gay o, allo stesso modo, come se un film sentimentale etero non possa fare a meno di mostrare il sesso; con gli ospiti che fanno felice una ristretta cerchia di intenditori e appassionati; con gli eventi collaterali troppo legati solo alla “comunità gay”. Non a caso ora si cercherà di correre ai ripari.
Anzitutto si lascia perdere l’infausto giugno, quest’anno peraltro con la canicola, e si torna al vecchio periodo: la prossima edizione si svolgerà infatti dal 20 al 24 aprile. Poi, il direttore Irene Dionisio già annuncia che “apre” al popolare: un festival cinefilo, militante e pop, dice. Ed ecco, allora, che ha già pronte due figure di sicuro richiamo: Valeria Golino, madrina, e Rita Pavone ospite d’onore per una serata di spettacolo-concerto. Contaminazioni in grado di avvicinare al festival un pubblico più vasto, anche se questo risultato si può perdere nel volgere di un’edizione, tuttavia non si ottiene dall’oggi al domani. Tra le novità, l’innesto nella squadra di selezioni dei film di altri due esperti indicati dalla comunità gay, con la quale il direttore dice di aver intessuto in questi mesi un fitto confronto e “ascolto”. Forse così raccoglie le critiche e sollecitazioni che durante il festival gli sono arrivate da quel mondo. Ma non è detto che sia una buona cosa: Lovers è del direttore, degli spettatori e della città, e non è detto che debba rispondere alla “comunità”. Il buon vecchio Cinema gay con alcuni ospiti e un programma di film diversificato, negli anni era riuscito a farsi conoscere e apprezzare anche dalla platea più eterogenea. Insomma, perché no: invertendo gli slogan della Dionisio e del presidente del Museo Laura Milani, forse è più efficace un ritorno al passato guardando al futuro.
Nino Battaglia