Jean-Christophe Rufin è un personaggio dalle molte vite. Francese, medico di formazione, è stato tra i fondatori di Médicins Sans Frontières e ha presieduto per quattro anni l’associazione internazionale Action contre la faim. Nel 2004 è stato l’autore di un ampio rapporto commissionato dal suo governo sul razzismo e l’antisemitismo in Francia, e ha vissuto a lungo in Africa, dove ha trovato moglie e ha ricoperto l’incarico di ambasciatore in Senegal. Nel tempo libero scrive romanzi, che gli hanno fruttato un premio Goncourt e l’ammissione all’Académie française.
E’ con grande curiosità, quindi, che ho letto un suo breve romanzo giallo, “L’appeso di Conakry” pubblicato in Italia da Edizioni e/o, e non sono rimasto deluso. Rufin scrive senza fronzoli e con sottile umorismo. Conosce bene l’Africa e in particolare la Guinea che, come il Senegal, ha un passato di colonia francese. E l’improbabile investigatore che si è inventato desta una immediata simpatia.
Aurel Timescu è un rumeno fuggito dalla dittatura di Ceausescu e approdato in Francia, dove grazie a un fortunato concorso di circostanze ha ottenuto la cittadinanza e un posto di basso rango nella diplomazia. Beve come una spugna, non ama il caldo dell’Africa e si veste sempre troppo, suona il piano e con le donne è un disastro. I suoi superiori lo disprezzano, ma è intelligente e avrebbe voluto fare il poliziotto. Così, quando nel marina di Conakry viene trovato il cadavere di un navigatore solitario francese appeso all’albero della sua barca a vela, inizia una indagine parallela a quella ufficiale.
Aiutato dalla sorella del morto e da un fattorino del consolato dalle molte conoscenze nella burocrazia locale, Aurel frequenta i locali dei bianchi nostalgici dei fasti coloniali, i ristoranti dove le cameriere cercano il pollo da spennare, gli uffici dove il livello gerarchico è indicato dalla potenza dei condizionatori da parete. Apparentemente goffo e fuori posto, tesse la sua tela aiutato dall’alcol, e alla fine, naturalmente, dipana la matassa.
Il meccanismo giallo è ineccepibile, ma il libro è interessante soprattutto per le descrizioni di ambiente e l’atmosfera tropicale che lo pervade. Nella quarta di copertina l’editore evoca Graham Greene, e non ha torto.
Battista Gardoncini