Lavoro a mano armata

Per i tifosi del Manchester United, che grazie a lui tornò ad essere una grande squadra, il marsigliese Éric Cantona, classe 1966,  è stato “The King”.  Sanguigno, istintivo, istrionico dentro e fuori dal campo, ha vinto tantissimo, ma è ricordato anche per il sacrosanto calcione che rifilò in diretta TV a un tifoso razzista che lo aveva insultato, beccandosi nove mesi di squalifica.

Oggi “The King” è un attore di successo. Lo ha lanciato Ken Loach ne “Il mio amico Éric”, dove interpretava se stesso comparendo nei  sogni di un supporter in difficoltà per dargli saggi consigli di vita. E da allora molti registi lo hanno scelto per la carica di simpatia e per la presenza fisica che “riempie” lo schermo.

Nella miniserie francese “Lavoro a mano armata” —  sei puntate su Netflix tratte da un best-seller di Pierre Lemaitre —  Cantona interpreta Alain Delambre, un dirigente di mezza età che è stato licenziato, e da sei anni sbarca il lunario con lavori saltuari e  umilianti. Con la moglie litiga, con le figlie ha un rapporto conflittuale, e di fronte al rischio di perdere anche la casa accetta di prendere parte a un crudele gioco di ruolo voluto dall’amministratore delegato di una importante società per testare la fedeltà dei suoi dirigenti. Consapevole di essersi lasciato coinvolgere in una sporca faccenda, Delambre abbandona ogni scrupolo, e agisce con fredda determinazione per raggiungere i suoi scopi. Che non sono quelli che sembrano.

“Lavoro a mano armata” si guarda con piacere anche se si ha l’impressione che i produttori abbiano un po’ stiracchiato la sceneggiatura per esigenze di budget, e il finale non ha l’equilibrio perfetto delle prime puntate. Ma Cantona è bravissimo e i registi fanno la loro parte per  raccontare una storia ispirata a fatti realmente accaduti, che  nel 2005 provocarono un terremoto ai vertici della più importante azienda televisiva francese.

gbg

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