“La ragazza senza nome” è uno splendido film di Jean-Pierre e Luc Dardenne, una ulteriore conferma dell’ impegno sociale e del rigore che hanno portato i registi belgi a vincere per due volte la Palma d’Oro a Cannes. Uscito nel 2016, viene riproposto in questi giorni da Prime Video, e vale davvero la pena di vederlo o rivederlo.
Per la prima volta i due fratelli si cimentano in una trama quasi gialla: qualcuno suona alla porta di un ambulatorio per persone indigenti ben oltre l’orario di chiusura. La dottoressa che lo gestisce, sempre molto umana e disposta a sacrificarsi per i suoi pazienti, è stanca e decide di non aprire. Il giorno dopo, a pochi metri dall’ambulatorio, viene scoperto il cadavere di una giovane prostituta nera, priva di documenti. Ha una ferita alla testa e segni di violenza sulle braccia. La dottoressa si sente responsabile della sua morte, e inizia una indagine parallela a quella della polizia per dare alla vittima un nome e avvertire la famiglia.
Il cinema dei fratelli Dardenne ha sempre un taglio documentaristico: seguendo gli spostamenti della dottoressa e le sue conversazioni con gli abitanti del quartiere ricostruisce un quadro potente del degrado urbano e delle sue conseguenze sulla vita delle persone, piegate dalle avversità, ma anche dignitose e capaci di piccoli gesti di generosità: la madre ex alcolista che offre alla dottoressa le prime frittelle fatte dopo una precaria disintossicazione, il diabetico bloccato in casa dalle ulcere che le prepara il caffè su un fornelletto.
Ottimi gli attori, che i Dardenne scelgono spesso dalla strada e dirigono con mano sicura. La dottoressa è interpretata da Adèle Haenel, una giovane attrice francese molto impegnata politicamente, che due anni fa fu protagonista di una rumorosa piazzata contro “il violentatore” Polanski alla cerimonia per la consegna del premio César. Gliela perdoniamo, perché è bravissima.
gbg