Il Museo del cinema può attendere. Prima deve concludersi la lite tra comune di Torino e regione sul nuovo direttore. Nessun problema, c’è tutto il tempo: che la Mole rimanga priva di una guida certa e a lungo termine, è solo un dettaglio di fronte ai grandi princìpi che sono all’origine dello scontro.
Dunque, incredibile ma vero, il Museo è ancora senza direttore. Rimane per ora quello prorogato, ormai da un anno di proroga in proroga: Alberto Barbera. E forse ancora lo sarà. Almeno stando alla furente dichiarazione del presidente della regione Chiamparino, e dell’assessore alla cultura Antonella Parigi, in un comunicato congiunto: in sintesi, il Comune non vuole rispettare i risultati del bando, noi invece sì. E allora, annulliamo il bando e facciamone un altro. E intanto proroghiamo ancora Barbera. E sull’annullamento del bando si dice d’accordo il comune, per “avviare insieme una nuova procedura”. Naturalmente, il tutto innaffiato di trasparenza e correttezza.
Nessuno però pensa di metterli al bando, i bandi, e di scegliere motu proprio la persona del direttore con la responsabilità che deriva dall’essere stati chiamati dai cittadini a governare. Vuoi mettere, però, il bando. E’ tutta un’altra trasparenza.
E’ successo, dunque, quello che si prevedeva potesse accadere. I componenti del comitato di gestione del Museo del cinema, dopo lungo dibattere non sono riusciti a nominare il direttore. E finora ne hanno scartati ben due della rosa dei finalisti del bando, individuati da una società privata che a giugno aveva ricevuto il mandato di mettersi alla caccia del nuovo direttore. Due nomi, giovani e brillanti, graditi alla regione ma non al comune: Paolo Verri, che dopo molti incarichi nella cultura a Torino – i 150 dell’Unità d’Italia, nel lontano passato anche ai vertici del Salone del Libro – da qualche tempo lavora con successo a Matera, nominata città europea della cultura per il 2019, e Alessandro Bianchi, già segretario generale della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e stesso incarico al Maxxi di Roma. Motivo: bravi, curriculum eccellenti, ma entrambi ritenuti troppo vicini al Pd, praticamente quasi “organici” come si diceva una volta. E per questo Palazzo di città non li vuole.
Non tutti, però, sono disposti a dargli toro a cuor leggero. Perché un accordo non scritto prevede che il presidente del Museo del cinema venga nominato su indicazione della regione, e il direttore su indicazione del comune . E se il patto è questo, bando o non bando, va rispettato. Ma anche qui, se vogliamo c’è una piccola contorsione collaterale e un po’ tragicomica: perché il presidente del Museo, l’imprenditore Paolo Damilano, è anche presidente della Film commission, e qui era stato nominato dalla giunta Cota con l’allora assessore alla cultura Michele Coppola; poi, quasi due anni fa, i vertici dei due enti erano stati accorpati, sinergie, e Damilano era stato nominato anche presidente del Museo del cinema: giunta Chiamparino con l’assessore alla cultura Antonella Parigi.
Dunque, si litiga. E c’è da credere che tra i candidati del famoso bando, più di 80 partecipanti, non ci fosse nessuno con le carte in regola e gradito anche al comune come direttore del museo del cinema. Ché poi, si fa presto a dire direttore. Direttore di che? Il bando non lo dice. Ma “fa capire”, fino a dirlo chiaramente, che i suoi compiti sono soltanto di carattere amministrativo-gestionale. Peccato però che il testo sia uscito come ricerca del “direttore” senza aggettivi.
E finora questa figura ha ricoperto funzioni artistico-scientifiche, con il peso anche degli altri compiti amministrativi. Ora, come si conviene a un museo importante come quello della Mole, c’è bisogno dunque di due direttori, o di un consulente artistico, ma a parte interviste, auspici e pour parler, nulla è ancora deciso. E forse ci vorrà un altro… bando. A meno che al nuovo direttore amministrativo che verrà non vengano attribuiti in modo strisciante e machiavellico anche i compiti artistici. Comunque, il curriculum dei due nomi scartati era fin troppo ricco per la funzione di semplice direttore gestionale: perché per questo ruolo è sufficiente un ottimo commercialista-ragioniere-avvocato che dir si voglia. Tanto è vero che diversi e prestigiosi esperti di cose di cinema hanno rinunciato a candidarsi.
Intanto, il Museo del cinema è senza guida. Nell’imbarazzata nota in cui il presidente Damilano ha comunicato la fumata nera, si dice che ora si procederà “senza indugio”. Certo, senza indugiare. Ma intanto due componenti del comitato di gestione, Massimo Sordella, indicato da Gtt-comune, e Monica Cacciapuoti, rappresentante della Fondazione Crt, si sono dimessi. Gli altri tre, il presidente Damilano, l’avvocato Alberto Mittone, nominato dal comune (ma giunta Fassino), e Giorgia Valle, Fondazione San Paolo, per ora resistono. Ma perché il comitato possa tornare nuovamente operativo, certamente qualche indugio ci vorrà.
Nino Battaglia