Sul Museo del cinema potrebbe essere caduta una sorta di Maledizione del Moloch, la cui spettacolare statua, orgoglio stupefacente di Cabiria, domina la suggestiva sala centrale della Mole. Emulo di Tutankhamon, l’immaginifico dio di Pastrone e D’Annunzio, famelico e ingordo, chiede chissà quale sacrificio estremo – alla politica, per esempio, di non strafare con l’esercizio arrogane di un miope potere -, e da qualche anno non permette al suo museo di vivere in pace e all’onor del mondo come merita. La situazione è alquanto complicata: il Presidente si è dimesso; il soggetto che ha vinto il bando, già nominato ufficialmente, non è ancora insediato – tra i “tempi tecnici” in parte comprensibili c’è anche l’attesa di un’aspettativa da parte dell’ente pubblico in cui lavora; un altro candidato che era nella rosa ristretta dei finalisti vuole vederci chiaro, chiede di conoscere i verbali che hanno portato alla nomina dell’altro concorrente e pare che pensi a un ricorso legale.
Senza andare troppo lontani negli anni tra passato prossimo e remoto, che pure non mancano di momenti difficili, ormai per un migliaio di giorni la Mole è stata senza direttore, senza contare un anno intero in cui il precedente Alberto Barbera è stato alla guida del Museo con proroghe che si susseguivano trimestralmente, sindaco regnante Fassino. Al Comune una regola non scritta ma sempre rispettata al pari di una norma statutaria spetta la nomina del direttore, mentre il Presidente è attribuito alla Regione. E nello stesso arco di tempo, mese più mese meno, il Museo ha cambiato tra le polemiche tre presidenti, più o meno uno all’anno, un terzo della durata del mandato, e ora sempre all’interno del migliaio di giorni si va per il quarto presidente. La Mole ora il direttore ce l’ha, ma non ha più il vertice del Comitato di gestione. Sergio Toffetti, nome di alto profilo tra gli esperti di cinema, si è dimesso perché considera sostanzialmente inadeguato il direttore che ha vinto il bando. Tra i cinque componenti del Comitato – due del Comune, di cui uno del Gtt, e due delle fondazioni bancarie – è stato l’unico ha votare contro la nomina di Mimmo De Gaetano. E prendendo atto di essere rimasto in solitaria minoranza ha lasciato l’incarico. Eppure la selezione del bando era stata affidata a una società esterna, del resto come era accaduto per i due bandi precedenti andati a vuoto, con l’impiego complessivamente di un centinaio di migliaia di euro. Bando più società esterna, con un gruppo di cacciatori di teste che si immagina composto da esperti senza se e senza ma: il massimo della trasparenza, cristallo puro, occhi bendati. Eppure… qualcosa deve essere accaduto.
De Gaetano vanta la collaborazione per la realizzazione di brevi video tra stile multimediale e cinema sperimentale in qualche modo legati a Torino, o con qualche riferimento alla città, con illustri registi e artisti come Cronenberg, Greenaway, Kusturica, Liberskind e altri; non è noto più di tanto tuttavia il suo apporto artistico-creativo a questi lavori; restano comunque quantomeno le relazioni con queste e presumibilmente con altre personalità del cinema e dell’arte. Il direttore del Museo del cinema deve avere anche questo profilo. De Gaetano è inoltre il referente per l’immagine della Reggia di Venaria. Da circa tre anni, il direttore nominato, o a questo punto solo designato, è vicepresidente della Film commission, per conto del Comune del sindaco Appendino. In passato era stato in contatto col Movimento Cinquestelle per l’elaborazione delle strategie culturali. Occhi bendati, dunque, ma fino a un certo punto. Il direttore della Mole spetta al Comune: chi meglio di De Gaetano? Tanto più che i requisiti sono certificati da una società esterna a prova di trasparenza e si presume di competenza, e successivamente vagliati dal Comitato di gestione del Museo. Ma su questa scelta l’unico che si è opposto è stato Toffetti. Il presidente ormai ex conosce bene De Gaetano e il suo curriculum, oltre ad essere tra i maggiori esperti di cinema in Italia e a conoscere il Museo centimetro per centimetro, avendo peraltro lavorato in anni passati alla Mole. Dunque, il suo rifiuto potrebbe avere qualche ragione. Del resto, alla notizia della nomina non era mancato qualche scettico attendismo, e le valutazioni, in genere anche basate sulla personalità del soggetto, venivano rimandate a come il direttore avrebbe operato.
Ora comunque il nominato attende che gli diano l’aspettativa per tre anni dall’ente per cui lavora, e dunque l’ultimissima parola non è detta. Ma sul Museo del cinema potrebbe cadere un’altra tegola. Luca Beatrice, storico e critico d’arte di riconosciuta vaglia, ex numero uno del Circolo dei Lettori, politicamente vicino al centro-destra, in lizza con De Gaetano, chiede di conoscere gli atti del percorso che ha portato alla nomina, e sostiene di avere più “numeri” del concorrente. All’orizzonte c’è anche un possibile ricorso legale. Beatrice, pur non avendo la patente di esperto di cinema, ha comunque una personalità forte, riconoscibile, ottime e larghe relazioni internazionali, interessi culturali a trecentosessantagradi. Ci sarebbe stato un terzo concorrente, senza tessera e senza partito, Stefano Francia di Celle, un torinese esperto che da tempo per lavoro gravita su Roma, collaboratore di diverse trasmissioni di RaiTre e altri canali sul cinema, molto apprezzato nell’ambiente in cui opera, ma la sua candidatura benché sia arrivato tra i finalisti, non è stata presa in considerazione. Prima o poi comunque la commedia o per meglio dire la farsa del Museo del cinema si chiuderà. Meglio prima che poi, la città su questo fronte è da tempo alla berlina e di più non può permettersi. Il Moloch permettendo.
Nino Battaglia