La dura vita del boscaiolo

Ho sempre pensato ai reality come a una forma deteriore di spettacolo, costruita su misura per un pubblico di bocca buona. Poi mi sono imbattuto su Netflx nella serie “Big Timber”, che segue il lavoro di una famiglia di boscaioli impegnati nel disboscamento di una  montagna sull’isola di Vancouver, in Canada. E mi sono ricreduto. 

La serie, che è giunta alla sua seconda stagione, è davvero appassionante, e riesce a tenere lo spettatore con il fiato sospeso senza ricorrere a effetti speciali e improbabili colpi di scena. Molto semplicemente, si limita a raccontare, con l’aiuto di un eccezionale paesaggio splendidamente fotografato, la pericolosa routine giornaliera di Kevin Wenstob, della moglie Sarah, del figlio Eric, e dei pochi dipendenti che li aiutano a portare giù dalla montagna i grandi alberi appena tagliati e a trasformarli in tavole pronte per essere vendute.

Il lavoro è duro e pieno di imprevisti. Le macchine, che Kevin compera usate nelle aste fallimentari per risparmiare, si rompono. Un ponte pericolante impedisce il trasporto dei tronchi a valle e ritarda una consegna a un cliente importante.  Una chiatta tanto rugginosa da essere stata ribattezzata “Tetanus”, riparata con mezzi di fortuna per trasportare il legname via mare, rischia di affondare. E bisogna fare in fretta, per non non farsi bloccare dall’inverno, che da quelle parti è durissimo. 

Kevin può contare soltanto sulle sue forze e sulle abilità di meccanico di Eric, capace di rimettere in funzione ammassi di ferraglia che altri getterebbero via senza rimpianti. Non si ferma davanti a nulla. La sua chiatta non può attraccare nel punto previsto, e lui  costruisce un molo riadattando alcune vecchie tubature. E quando la teleferica alta 27 metri usata per  portare i tronchi al punto di raccolta si blocca riesce a farla ripartire improvvisando un fusibile con un pezzetto di carta stagnola. Chi fa da sé fa per tre. Anzi per quindici.

gbg

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