Dopo “L’ora più buia”, dove uno strepitoso Gary Oldman interpretava Winston Churchill nei primi durissimi momenti della guerra contro Hitler, il regista inglese Joe Wright ha scelto la strada del noir con “La donna alla finestra”, da pochi giorni disponibile su Netflix. E per farlo si è ispirato a due classici del genere, “La finestra sul cortile” e “La donna che visse due volte” di Alfred Hitchcock. Nel primo James Stewart è un giornalista immobilizzato da una frattura alla gamba, che passa il tempo a osservare i vicini di casa e sospetta che un uomo abbia ucciso la moglie. Nel secondo è un investigatore che soffre di vertigini, e si mette sulle tracce di una donna che sembra ripetere gesti e comportamenti di un’ altra donna vissuta molti anni prima.
Nel film di Wright la protagonista è una psicologa alcolizzata che soffre di agorafobia, interpretata dalla brava Amy Adams. Alle prese con i suoi drammi personali, la donna si aggira nel suo claustrofobico appartamento e osserva quello che accade in strada e nella casa di fronte. Anche lei, come Stewart, assiste dalla finestra a quello che le sembra un delitto. Ma a causa della sua fragilità nessuno le crede, e della presunta vittima non c’è traccia.
“La donna alla finestra” si avvale di un cast notevole: oltre alla Adams spiccano Gary Oldman, Julianne Moore e Jennifer Jason Leigh. Wright è un buon regista, ed è aiutato da una suggestiva fotografia e da una sceneggiatura credibile, tratta da un romanzo di A.J.Finn. Ma nel complesso il film non regge il confronto con gli originali, che sono giustamente considerati capolavori della storia del cinema. Il tentativo di rendere più moderna la trama con le angosce esistenziali della protagonista non è pienamente riuscito. E il pensiero corre inevitabilmente alla linearità del racconto di Hitchcock, e alla sua diabolica abilità di creare momenti di straordinaria tensione con poche semplici inquadrature.
gbg