Il sobrio titolo originale del quinto film che abbiamo scelto per voi, “Jeremiah Johnson”, è stato trasformato in Italia in un ridondante “Corvo Rosso non avrai il mio scalpo”. Ma il bel western girato nel 1972 da Sydney Pollack è molto di più di un infinito duello tra il cacciatore bianco Robert Redford e il suo acerrimo nemico indiano.
La vicenda è liberamente ispirata alla vita di un personaggio leggendario della frontiera, il cacciatore John “Mangia fegato” Johnston, che prese parte a innumerevoli scaramucce durante le guerre indiane nell’Ovest e si conquistò il soprannome quando uccise a coltellate un guerriero Sioux e chiese ai suoi compagni se volevano assaggiare quel che era rimasto sulla sua lama. Ma “Jeremiah Johnson” è stato uno dei primi film a non rappresentare i nativi americani come brutali selvaggi da sterminare senza pietà. Gli indiani di Pollack sono uomini con usi e costumi diversi da quelli dei bianchi, e per molti versi superiori a loro grazie a un modo di vivere più rispettoso della natura e dei suoi ritmi. Anche per questo i maestosi scenari di montagna – il film è stato girato in numerosi parchi naturali e in altre località dello Utah – diventano protagonisti del film insieme agli attori, e accrescono il fascino del racconto.
“Nel film non c’era una grande linea narrativa – dirà con una punta di falsa modestia Pollack qualche anno più tardi – solo immagini, ritmi, stati d’animo e lunghe camminate nella neve”. Ma questo non impedì a “Jeremiah Johnson” di ottenere un grande successo al botteghino e di essere il primo western invitato ufficialmente al festival di Cannes. Da non perdere: è facilmente reperibile in dvd o in rete. E spesso viene riproposto in tv.