Il fantasma dei fatti

Negli anni Cinquanta l’Italia era un paese all’avanguardia. L’Olivetti di Adriano Olivetti e del brillante ingegnere Mario Tchou combatteva ad armi pari con i giganti americani nel nuovo settore dell’informatica. L’Eni di Enrico Mattei agiva da protagonista nel mercato mondiale del petrolio. Il CNEN di Felice Ippolito investiva ingenti risorse nelle tecnologie nucleari. In campo medico l’Istituto Superiore di Sanità guidato da Domenico Marotta coinvolgeva scienziati e futuri premi Nobel nelle sue ricerche. Ma tutto questo finì in meno di tre anni, con l’infarto di Olivetti, la morte in uno strano incidente di Tchou, il sabotaggio dell’aereo di Mattei, e due inchieste giudiziarie che mandarono ingiustamente in carcere Ippolito e Marotta. A gestire l’inevitabile declino,  arrivarono piccoli uomini privi di visione strategica e attenti soltanto agli interessi dei partiti che li avevano scelti.

Fu davvero un caso?  Bruno Arpaia, scrittore e traduttore di fama internazionale, pensa di no. E nel suo ultimo libro, “Il fantasma dei fatti”, pubblicato da Guanda, ricostruisce quello che accadde in una chiave soltanto in parte romanzesca, perché è solidamente sorretta da documenti ufficiali, inchieste giornalistiche e minuziose ricerche d’archivio. Al centro della narrazione c’è un personaggio realmente esistito, Thomas Karamessines, uomo della CIA coinvolto in molti degli affari sporchi dell’Agenzia, dalla Baia dei Porci all’assassinio di Kennedy, dalla cattura del Che in Bolivia al golpe contro Salvador Allende. Karamessines fu a capo della CIA di Roma tra il 1961 e il 1963, e Arpaia immagina che nel 1978, ormai in pensione e subito prima di morire per un infarto che nel romanzo è provocato, abbia avuto il tempo di raccontare la sua verità.

“Il fantasma dei fatti” è un libro che affascina e inquieta. Si legge d’un fiato, e lascia al lettore l’amaro in bocca per quello che avrebbe potuto essere e non fu. Perché se è vero che alcune parti del libro sono dichiaratamente frutto della fantasia, è altrettanto vero che il suo contesto è drammaticamente reale.  È la storia del nostro paese. È la nostra storia.

Battista Gardoncini

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