Lo scrittore sovietico Vasilij Grossman terminò “Vita e destino” nel 1960, ma il suo monumentale romanzo sull’epopea di Stalingrado assediata dai nazisti fu pubblicato soltanto venti anni dopo in Occidente. In patria era stato considerato un testo sedizioso e il KGB aveva sequestrato all’autore il manoscritto, gli appunti, e perfino i nastri della macchina da scrivere.
“Forse potrà essere pubblicato tra duecento anni”, disse un solerte censore a un Grossman disperato, ma le cose, per nostra fortuna, non andarono così. Dalle perquisizioni, grazie al fisico dissidente Sacharov, si erano salvate due copie incomplete dell’opera, che arrivarono in Svizzera, furono faticosamente ricostruite, e date alle stampe. Grossman, ammalato di cancro, morì nel 1964, e non seppe mai che il suo romanzo sarebbe diventato un’opera fondamentale per capire il secolo delle dittature nazista e stalinista, l’eroismo e la miseria di un grande paese alle prese con una guerra costata oltre venti milioni di morti.
Ho letto “Vita e destino” nel 1982, nella versione pubblicata da Jaca Book, che all’epoca era una casa editrice eretica, poco amata dalla sinistra tradizionale. Lo considero un capolavoro assoluto, degno di stare nello stesso scaffale con le opere di Dostoevskij, Tolstoj e Melville. Da qualche giorno nello stesso scaffale c’è anche “Stalingrado”, che Grossman aveva scritto prima di “Vita e destino”, nel 1952, ed era riuscito a pubblicare a puntate in Unione Sovietica subendo numerosi interventi della censura. Era un autore famoso, che aveva una straordinaria capacità di scrittura e un impeccabile stato di servizio come corrispondente di guerra, in prima linea fino all’arrivo della Armata Rossa a Berlino. Ma aveva anche una profonda avversione per la propaganda di regime e una lucida comprensione degli uomini e delle cose, che riversava in pagine di struggente bellezza, inaccettabili per i grigi funzionari del regime sovietico, e così preziose per noi, oggi.
“Stalingrado”, in origine intitolata “Per una giusta causa”, racconta l’angoscia di una città che assiste incredula all’avanzata delle truppe tedesche e ai disperati tentativi russi di rallentarla, fino alla decisione di resistere costi quello che costi sulle sponde del Volga. Il lungo e sanguinoso assedio che ne seguì avrebbe deciso le sorti della seconda guerra mondiale. Grossman la concepì come la prima parte di “Vita e destino”, e aveva immaginato di completarla con una terza parte mai scritta Nei due romanzi ritornano gli stessi personaggi, con i loro destini incrociati e spesso tragici. Russi e tedeschi, militari e civili, operai e contadini mettono a nudo la loro anima, amano e uccidono, trovano in sé risorse inaspettate e combattono da eroi, oppure, come è sempre stato e sempre sarà in guerra, cedono al dolore e alla paura.
“Stalingrado” è un affresco grandioso, dove sono presenti anche i motivi autobiografici e i riferimenti politici di un uomo complesso, che incominciava a mettere in dubbio le verità della narrazione ufficiale. Va a suo merito l’averli inseriti nel romanzo lasciando parlare i suoi personaggi, senza stravolgerne l’impianto con le recriminazioni come hanno fatto altri autori più noti, ma infinitamente meno bravi di lui. Per chi vuole saperne di più c’è una bella postfazione curata da Robert Chandler nella nuova edizione Adelphi, che qualche anno fa ha anche ripubblicato “Vita e destino” in una versione rivista e ampliata.
Sulle carte di Grossman, uscite dagli archivi segreti del KGB, gli studiosi sono ancora al lavoro. Ma nelle 880 pagine di “Stalingrado” e nelle 980 pagine di “Vita e Destino” c’è tutto quello che serve per capire un uomo e il suo mondo. E anche il nostro.
Battista Gardoncini
2 comments
Da integrare con la biografia ” Le ossa di berdicev ” Che due studiosi dell’Arizona (!) hanno dedicato a Grossman. Libro degno di tanto scrittore
Carlo vergnano
Non lo conoscevo. Provvederò