“Come un gatto in tangenziale”, diretto da Riccardo Milani e interpretato da Paola Cortellesi e Antonio Albanese, uscì nel 2017 e incassò oltre dieci milioni di euro. L’incontro-scontro tra i mondi non conciliabili della borgatara Monica e dell’intellettuale di sinistra Giovanni non si reggeva soltanto sulla bravura dei protagonisti, ma coniugava in una fortunata alchimia la leggerezza della commedia all’italiana con una riflessione non banale sulla società e sulle sue differenze.
Era quasi inevitabile, dunque, che Milani ci riprovasse, con gli stessi personaggi che a tre anni di distanza affrontano nuove sfide senza avere superato i vecchi problemi. Anche i comprimari sono gli stessi: da Sonia Bergamasco, svampita ex moglie di Giovanni, a Claudio Amendola nella parte dell’ex marito criminale di Monica; dalle gemelle Giudicessa, nei panni delle taccheggiatrici compulsive Pamela e Sue Ellen, a Franca Leosini che interpreta se stessa. L’unica new entry è il prete bello Luca Argentieri, che coinvolge Monica e Giovanni nelle sue battaglie contro il degrado delle periferie.
Purtroppo, però, “Come un gatto in tangenziale, ritorno a Coccia di Morto”non regge il confronto con il primo film. Intendiamoci, Cortellesi e Albanese sono sempre bravissimi, e la vicenda scorre agile e a tratti divertente fino al prevedibile epilogo. Ma le manca qualcosa per togliere allo spettatore la fastidiosa sensazione di trovarsi di fronte a una operazione commerciale ben confezionata e senz’anima, come spesso accade nei sequel.
Detto questo, dopo una estate cinematografica funestata dal Covid e in attesa che arrivino nelle sale le novità presentate alla mostra del cinema di Venezia, ci si può accontentare. Di questi tempi sorridere non fa male, e pazienza se a volte ci si chiede perché un buon regista come Milani abbia preferito non rischiare, scegliendo la strada poco coinvolgente dell’usato sicuro.
gbg