Chiusi in casa per il nuovo lockdown, non ci resta che il piccolo schermo. “Fauda”, è una serie israeliana che racconta l’eterno conflitto tra israeliani e palestinesi attraverso le vicende di un reparto di infiltrati specializzati nella caccia ai terroristi. Ha collezionato premi e riconoscimenti in tutto il mondo, e piace anche nei paesi arabi per la capacità di raccontare la realtà senza edulcorarla, dando spazio alle ragioni degli uni e degli altri. Tre stagioni sono visibili in Italia su Netflix, una quarta è in preparazione.
Non ci sono eroi, in “Fauda”, che significa “caos” ed è il grido dei membri del reparto quando finiscono nei guai. Si combatte senza esclusione di colpi, si uccide, ci si fa esplodere, si distruggono abitazioni civili, si arresta e si tortura. E alla fine il prezzo che gli israeliani pagano per l’eliminazione dei loro avversari è così alto da turbare anche i protagonisti, “cani da guardia addestrati alla violenza e privati del diritto di pensare”.
Lior Raz, l’attore che interpreta Doron Kabilio, il più efficiente e tormentato della squadra, è anche uno dei produttori della serie e durante il servizio militare ha combattuto in Cisgiordania, mentre l’altro produttore, Avi Issacharoff, è un giornalista veterano che ha seguito per anni gli avvenimenti nei Territori. Sono entrambi consapevoli di rappresentare un punto di vista di parte, ma per realizzare la serie hanno dovuto superare moltissime resistenze. “Nessuno voleva parlare della guerra – spiegano – mentre noi volevamo che chi viveva a Gerusalemme o a Tel Aviv si rendesse conto di quello che c’è dall’altra parte. Ci sono stati israeliani di destra che dopo aver visto “Fauda” hanno detto di aver provato compassione per i palestinesi, e arabi che hanno detto lo stesso degli israeliani”.
La serie è bilingue, in arabo ed ebraico. E a mio parere, anche se qualcosa sfugge, vale la pena di guardarla con il sonoro originale e i sottotitoli.
gbg