Dramma comico sotto la Mole

Come in tutti i gialli che si rispettino, anche al Museo del cinema di Torino c’è il colpo di scena. Ma anziché di un giallo sarebbe meglio parlare di un film dell’orrore, o di una farsa. La scelta del genere è libera. Dunque il direttore uscente Alberto Barbera questa volta esce davvero. Attenzione però: esce dalla porta, ma tra qualche settimana potrebbe rientrare dalla finestra. Come consulente artistico. Almeno, così annuncia il vertice. Ecco perché, e non solo per questo, si può benissimo parlare di una comica. Peccato che in realtà per la Mole e per la cultura sia un dramma.

Barbera ha rifiutato, ma nel linguaggio delle liturgie paludate si dice “declinato”, la richiesta-offerta di una proroga come direttore per tutto il 2017. Dopo tre proroghe, complessivamente un intero anno.  Gli era stato chiesto di restare, in zona vigilia di Natale, dalla politica, nelle persone degli assessori alla cultura della Regione, Antonella Parigi, e del Comune, Francesca Leon, con la benedizione ufficiale del presidente Chiamparino, e col silenzio, che i questi casi viene interpretato come assenso, del sindaco Chiara Appendino. E lui aveva praticamente accettato, “per senso di responsabilità, spirito di servizio e amore per il Museo”, come aveva scritto in una nota.

Certo, c’era da sciogliere una rituale riserva, come sempre accade in questi casi, ma la cosa era data per fatta. Del resto, difficilmente si è visto che una proposta del genere non venga preventivamente concordata tra i soggetti interessati perfino nei dettagli. Anzi, si è visto il contrario: quando si fa un nome senza un accordo di ferro preventivo, è perché lo si vuole bruciare.

Ma non era proprio questo il caso. Tutt’altro. Evidentemente sarà successo qualcosa che ha fatto sfumare tutto. Ma questo, i motivi del rifiuto, la tanta decantata trasparenza non prevede di dirlo. Motivi personali, divergenze di vedute tra i committenti e il designato, questioni di compenso, opinioni diverse su programmi e strategie di rilancio: tutto può essere. Certo, è possibile che Barbera abbia fiutato qualche trappola nell’incarico prorogato, magari, chissà, quella di continuare a fare il direttore ma sotto tutela, senza i pieni poteri che ha avuto finora, con una proroga che dalle parti di Palazzo di Città era stata concordata un po’ obtorto collo, dal momento che la sua gestione, e le origini politiche della sua nomina, sono da tempo sotto osservazione critica. Oppure, chissà, si sarà reso conto, o qualcuno lo avrà fatto notare, che è diventato difficile conciliare due incarichi che sembrano così lontani eppure sono così tanto vicini, e forse sul filo della compatibilità, come quello a Torino e l’altro come direttore della Mostra del cinema di Venezia. La nota ufficiale del Museo, comunque, non fa alcun cenno dei motivi del rifiuto. Peraltro, il comunicato è una perla di ingenua, vecchia e infantile furbizia di comunicazione, fatto salvo naturalmente il ruolo degli esecutori: perché nel momento in cui si rende nota una cosa così importante come è il rifiuto di Barbera della proroga e dunque il fatto che la Mole è senza direttore, cosa nel suo genere drammatica, prima si decantano le magnifiche sorti e progressive del Museo, che quest’anno arriva a 690 mila visitatori, l’8 per cento in più del 2015, un dato in effetti di cui, in altro contesto, c’è di che essere orgogliosi; poi si dà conto, senza ovviamente dimenticare “la soddisfazione”, del subentro di due nuovi componenti nel Comitato di gestione, dopo le dimissioni di altri due a causa dell’horror-farsa che si sta vivendo sotto le volte di Antonelli, e infine, come en passant, si dice che Barbera ha “declinato”. Neanche la Pravda dei bei tempi avrebbe saputo fare di meglio.

Così, dunque, la Mole si trova senza guida, paralizzata, almeno per quel che riguarda attività e progetti di medio-lungo termine: mostre, retrospettive, eventi, inviti a personalità del cinema, festival – il primo, Cinema gay, previsto a fine aprile, ma oggettivamente in difficoltà alla luce degli eventi.

Ora l’incarico di simil-direttore, ma solo per la mera ordinaria amministrazione, è stato dato al Conservatore capo del Museo, Donata Pesenti Compagnoni, persona di grande competenza nel suo campo, che lavora alla Mole da una vita. E per il disbrigo di pratiche e incombenze viene affiancata dal direttore generale della Regione.

Ma per un ritorno alla normalità ci vorrà tempo, molto tempo, mesi. Perché i vertici del Museo, che pur a fronte dei tanti pasticci rimangono saldamente al loro posto, per la ricerca del nuovo direttore hanno in animo di lanciare un altro bando, dopo il fallimento del primo, giugno scorso, a causa dei veti incrociati sul nome del vincitore, uno gradito alla Regione ma non al Comune, un altro gradito al Comune ma non alla Regione. E senza dimenticare che si trattava solo di un direttore amministrativo, giacché per i compiti artistico-scientifici sotto la Mole si pensava a un consulente. Una limitazione che aveva tenuto lontani dal concorrere molti esperti di grande e riconosciuto valore, a Torino e fuori. Una perla dopo l’altra. Quando si dice la trasparenza, garantita dai bandi.

Eppure sarebbe molto semplice, e finalmente più responsabile, trovare in 24 ore senza la stucchevole finzione del bando un direttore competente, al pari di Barbera, come tanti ce ne sono sparsi lungo lo stivale, da Bolzano ad Agrigento. Ma questo per i vertici del Museo, e della politica, sarebbe troppo.

Nino Battaglia

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