“Downton Abbey” era una serie tv che seguiva le vicende di una famiglia nobile e dei suoi domestici nella tenuta fittizia di Downton Abbey, nello Yorkshire, tra il 1912 e il 1926. Ideata dallo scrittore Julian Fellowes, che per sceneggiarla ha attinto a piene mani alla sua esperienza di barone e signore del castello di Tattershall, la serie ebbe un notevole successo di critica e di pubblico e fu interrotta nel 2015 dopo sei stagioni e 52 puntate. Ma Fellowes e il regista Michael Engler l’hanno riportata in vita con un film in questi giorni nelle sale, e hanno annunciato che ne metteranno in cantiere un altro se questo avrà successo.
Gli appassionati del microcosmo di “Downton Abbey” non saranno delusi. Ritroveranno gli stessi personaggi, dal conte di Grantham all’ultima addetta alla cucina, interpretati dagli stessi attori. Ne riconosceranno i comportamenti, i tic, i vizi e le virtù. E saranno a loro agio nel seguire una storia che ha inizio con l’annuncio di una visita del re Giorgio V e della regina Mary al castello, e si sviluppa lieve nel racconto del trambusto provocato dalle necessità del protocollo di corte.
Gli altri faranno forse un po’ di fatica in più ad orientarsi nella intricata rete dei rapporti tra i nobili e nelle altrettanto intricate vicende della servitù, ma presto prenderà il sopravvento l’interesse per la splendida ambientazione – “Downton Abbey” è girato nel fiabesco castello e nel parco di Highclere – e per l’accurata ricostruzione della vita nobiliare nell’Inghilterra rurale del primo Novecento. Così come piaceranno i dialoghi spumeggianti, che consentono ad alcuni degli attori di mostrare la loro bravura. Tra tutti, ricordiamo l’ottantaquattrenne Maggie Smith, perfettamente a suo agio nella parte dell’arcigna castellana dalla lingua tagliente, che non “litiga mai, tuttalpiù spiega”.
“Downton Abbey” non è un capolavoro e non pretende di esserlo. Ma è un film gradevole, per famiglie, e aiuta a passare piacevolmente due ore senza troppi pensieri.
gbg